Roma, 19 aprile 2024 – Il debito pubblico italiano è troppo alto e preoccupa il Fondo Monetario Internazionale (FMI) che avverte: “È necessario un aggiustamento verso il basso”, ha sostenuto il direttore del Fiscal Monitor dell’FMI Victor Gaspardetto, ma intanto le emissioni di debito pubblico sui mercati si susseguono a getto continuo e sia gli operatori (nazionali e internazionali) sia i consumatori italiani (vedi le ultime emissioni di BTp) ne fanno incetta.
La domanda sorge allora spontanea: perché i mercati si fidano dell’Italia nonostante il debito così alto? “L’Italia è un’economia avanzata con un debito elevato – è stato spiegato – un Paese in cui tradizionalmente c’è preoccupazione per il mercato obbligazionario e lo spread”. Eppure la preoccupazione non frena gli acquisti e non frena la corsa del debito che, secondo i dati della Banca d’Italia, il debito pubblico italiano a febbraio è aumentato di 22,9 miliardi di euro, raggiungendo la cifra astronomica di 2.872,4 miliardi con una vita media residua del debito stabile a 7,9 anni, indicando una certa stabilità nel panorama finanziario italiano.
Nel 2024 verranno emessi titoli di debito pubblico per oltre 415 miliardi. E il motivo dell’appeal, come spiegano gli operatori, sta negli alti rendimenti abbinati a un rischio contenuto. Secondo il Centro Studi di Unimpresa, il report pubblicato ad agosto 2023, le banche italiane e la Banca d’Italia posseggono insieme più della metà del debito pubblico, con un totale di 1.415 miliardi di euro su complessivi 2.815 miliardi. La quota delle banche è così passata dal 47,8% alla fine del 2021 al 50,3% attuale.
Il sistema bancario italiano costituisce quindi presidio fondamentale per le finanze pubbliche del nostro Paese, con il 25,8% della Banca d’Italia e il 24,5% degli istituti. A seguire ci sono i fondi d’investimento stranieri che, nonostante abbiano ridotto la loro quota di sottoscrizione di bond pubblici italiani, restano i primi detentori di BoT e BTp con il 26,5% dei titoli pubblici in circolazione, pari a oltre 746 miliardi di euro. Inoltre, anche le famiglie italiane stanno mostrando un crescente interesse nei confronti del debito italiano: ne detengono il 10,9% del totale, pari a 306,8 miliardi di euro, in aumento di quasi 80 miliardi rispetto all’anno precedente.
L’obiettivo deve essere ora – secondo l’FMI – quello di ridurre gradualmente il rapporto debito/PIL nel lungo termine, ponendo il debito pubblico su una traiettoria sostenibile verso – appunto – il basso. Ciò è importante perché un alto livello di debito pubblico può mettere a rischio la stabilità economica del paese, aumentando il costo del finanziamento (l’Italia nel 2024 spenderà oltre 100 miliardi per finanziare gli interessi del debito pubblico contro i 57 del 2020), riducendo la fiducia degli investitori e limitando la capacità del governo di rispondere a crisi future. Eppure il mercato non lancia solo messaggi rosei all’Italia. Anzi, il monito non manca perché se è vero che lo spread tra i BTp e i Bund decennali è stabile e in calo da ormai molto tempo, è anche vero che se confrontiamo il differenziale sui titoli di Stato tedeschi degli altri Paesi del Sud Europa, l’Italia resta il peggior paese europeo. Il nostro spread, a 167 punti base, si confronta infatti con i 97 della Spagna, con i 75 del Portogallo e con i 113 della Grecia con Atene che ci batte e non di poco. Questo significa che il mercato si fida dell’Italia, come si fidano le agenzie di rating, ma sa benissimo che la Penisola ha un debito pubblico troppo grande e troppo poco in calo. Sa benissimo che rispetto ad altri Paesi ha un percorso di rientro dal debito elevato più blando. Il mercato sa che l’Italia non può permettersi passi falsi: deve avere crescita economica ma deve anche contenere il deficit, deve investire sullo sviluppo ma deve anche ridurre il debito.
“A livello di interesse, i BTp – spiega Saverio Berlinzani, Senior Analyst di ActivTrades – sono tornati ad esser appetibili per gli investitori; le ultime due emissioni, infatti, hanno evidenziato un aumento di portafoglio di Titoli di Stato del Belpaese a 790 miliardi di euro da 740. Questa tendenza positiva sembra essere spinta da un rinnovato interesse verso i rendimenti offerti da questi strumenti, percepiti come particolarmente vantaggiosi in un contesto in cui il rischio è attualmente considerato contenuto. Nel corso del mese di aprile avremo due appuntamenti con la valutazione del rating italiano: Standard & Poor’s e DBRS, dai quali non si prevedono sorprese con un mantenimento del rating invariato”.
Più critici gli appuntamenti di maggio con Fitch e Moody’s che, anche in funzione dei conti sul Documento di Economia e Finanze in pubblicazione ad aprile, potrebbero rivedere la propria valutazione soprattutto a causa dalle conseguenze del SuperBonus 110%. “Tuttavia, sull’onda del generale aumento dei rendimenti dei Titoli di Stato a livello globale, anche quelli italiani – conclude Berlinzani – appaiono come ancora interessanti, anche perché a tendere, ci si aspettano dei ribassi legati alla possibile riduzione dei tassi di interesse da parte della BCE, attesi per giugno 2024”.