Roma, 15 ottobre 2023 – Nel 2021, l’economia sommersa e illegale è cresciuta del 10%, raggiungendo quota 192 miliardi di euro (circa il 10,5% del Pil nazionale). A ‘immortalare’ lo scenario è il nuovo rapporto dell’Istat, che punta i riflettori su ulteriori cifre e analisi: nel dettaglio, l'economia sommersa – l'insieme di tutte le attività legali ma non dichiarate al Fisco – si attesta sui 174 miliardi, mentre le attività illegali superano i 18 miliardi di euro.
Un valore, questo, che rimane però sostanzialmente in linea con la dinamica del Pil: la sua incidenza sul prodotto interno lordo resta infatti praticamente invariata rispetto al 2020, ed è più bassa di quanto non fosse negli anni prima della pandemia (nel 2019 era all'11,3%). In un anno, infatti, il Pil è cresciuto del 9,7%, e l'economia non osservata del 10%.
Come noto, con ‘economia non osservata’ si intendono tutte quelle attività produttive di mercato che - per motivi diversi - sfuggono all’osservazione diretta: lente di ingrandimento alla mano, quando si parla di economia sommersa si può fare l’esempio delle fatture più basse del dovuto o addirittura non fatte (che sono valse circa 91,4 miliardi di euro), del lavoro irregolare (che ha prodotto 68,1 miliardi di euro) o degli affitti in nero (nel 2021 in calo rispetto al 2020).
Capitolo differente quello dell’economia illegale, che riguarda invece ambiti come la vendita di prodotti o servizi illegali, oppure ad opera di persone che non sono autorizzate a venderli (spaccio di sostanze stupefacenti, prostituzione, contrabbando di prodotti come le sigarette): queste attività, come segnalato, sono cresciute del 5% in un anno, portando a 900 milioni di euro in più.
Ma non è finita qui. Ulteriori dati emergono dal rapporto Istat, su cui è necessario concentrare l’attenzione: il settore dove il peso del sommerso economico è maggiore è quello degli Altri servizi alle persone (34,6 per cento), seguito dal Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (20,9 per cento) e dalle Costruzioni (18,2 per cento). Ammontano invece a tre milioni le persone che lavorano in condizione di non regolarità: nel 2021 si registra una crescita del 2,5 per cento rispetto al 2020. Nonostante questo aumento però, il lavoro in nero - che era crollato con il Covid-19 (18,5%) — nell’anno successivo non si è ripreso: questo, secondo l'Istituto di statistica, potrebbe segnalare un ‘ridimensionamento del fenomeno’.