Roma, 17 marzo 2023 - L’Italia ha intrapreso la strada verso la flat tax con l’approvazione della Delega sulla Riforma fiscale ieri. Una decisione che sembra andare contro corrente, dato che la maggior parte dei Paesi europei opta per una tassazione progressiva. Il sistema ad aliquota unica risulta (o forse solo risultava) particolarmente attraente ai Paesi reduci del comunismo, tant’è vero che i soli Stati che utilizzano ancora questo modello sono tutti dell’Est. Ecco come è strutturata la tassazione oggi in Europa e quali sono le tendenze internazionali.
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Tassazione progressiva in Europa
Come già accennato prima, la maggioranza dei Paesi europei fonda il proprio sistema di tassazione sul principio di progressività. Idea che in Italia trova realizzazione nella stessa Costituzione: secondo quanto si legge nell’art. 53, “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. Nei Paesi dove vige questa norma maggiore è il livello di reddito, maggiore è la percentuale di imposta da pagare sulla base imponibile.
La Francia
Ad esempio, l’Impot sur le revenu in Francia presenta cinque scaglioni (analogamente al sistema italiano dal 2007 fino al 2021), e prevede una no tax area fino a circa 6mila euro di reddito annuale, con aliquote marginali che vanno dal 5,5% al 41%. A differenza dell’Irpef, l’imposta francese è modulata sul nucleo fiscale e non a livello individuale: dipende quindi da quant’è numerosa la famiglia del soggetto.
In Germania
L’Einkommensteuer in Germania ha una struttura simile con quattro scaglioni, aliquote marginali che vanno dal 14% al 45% e una no tax area fino a 9mila euro di reddito annuale. Secondo quanto spiega l’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano, nel caso in cui una coppia legalmente sposata presenti dichiarazioni dei redditi congiunte, gli estremi degli scaglioni di reddito sono raddoppiati.
Il caso Spagna
Diversa la situazione in Spagna, principalmente a causa della presenza delle Comunità Autonome, le quali godono di ampi poteri in materia tributaria. In ogni caso, il cittadino spagnolo non è tenuto a pagare l’imposta se il proprio reddito annuale non raggiunge i 5mila euro, poi la percentuale dovuta allo Stato cresce gradualmente fino al 47% per i redditi superiori a 300.000 euro. La curva dell’aliquota media dell’Italia, sempre secondo l’Osservatorio Cpi che fa riferimento alla situazione nel 2020, era molto simile a quella di Germania e Spagna.
Gli altri
Altri Paesi con sistemi progressivi sono, ad esempio, Belgio, Danimarca, Norvegia, Svezia, Regno Unito, Finlandia. Ma anche l’Austria, dove l’ultima aliquota arriva fino a 55%, per i redditi superiori a 1 milione di euro.
Il gruppo della flat tax (che si stringe sempre di più)
In base ai dati Ocse e Pwc, la ‘tassa piatta’ all’inizio degli anni 2000 si usava ancora in una quindicina di Paesi, tutti dell’ex blocco sovietico o ex membri della Jugoslavia. Nel corso degli anni, con l’abbandono progressivo di questo approccio, il numero dei Paesi utilizzatori si è quasi dimezzato, e oggi sono solo 8: Estonia (20%), Russia (13%), Ucraina (18%), Romania (10%), Bulgaria (10%), Bosnia ed Erzegovina (10%), Bielorussia (13%), e Ungheria (15%). Secondo un’analisi condotta dall’Osservatorio Cpi, l’ultimo Paese a fare marcia indietro è la Macedonia, che dopo l’introduzione della flat tax nel 2007, il 1 gennaio 2023 è passata a un sistema a due aliquote. Hanno fatto percorsi analoghi la Slovacchia e la Repubblica Ceca nel 2013, l’Albania nel 2014, e la Lituania nel 2019. L’unico Paese a introdurre subito tre aliquote è stato la Serbia nel 2013.
L'Italia controcorrente
L’obiettivo dell’Italia del governo Meloni, quindi, è diventare il nono Paese europeo ad utilizzare la flat tax entro la fine della legislatura. Gli argomenti chiave a favore dell’introduzione dell’aliquota unica, secondo quanto spiega l’Osservatorio Cpi, sono tre. Il primo è la semplicità, caratteristica che dovrebbe aumentare la trasparenza e ridurre i costi amministrativi. In secondo luogo, poi, la flat tax dovrebbe migliorare l’efficienza economica tramite la riduzione delle distorsioni fiscali. Infine, dovrebbe contribuire a una maggiore crescita del Pil. Tuttavia, la maggioranza degli studi empirici, sostiene l’Osservatorio, forniscono risultati poco incoraggianti sull’impatto della tassa piatta sulla crescita economica.