
Arturo Artom
Roma, 9 settembre 2019 - SUCCESSO o successo. "Se Pd e Cinquestelle falliscono la scommessa di governo gli elettori non lo perdoneranno". Parola di Arturo Artom, imprenditore vicino a davide Casaleggio (e prima ancora al padre) a capo del think tank Confapri. Gianroberto forse non avrebbe gradito il patto giallorosso ma, alla fine, anche le anime più pure imparano che senza real politik, nei palazzi del potere non ci resti. Una scommessa che si vince solo con una svolta nelle politiche economiche: "Imprese first", avverte Artom, "sfruttiamo la luna di miele con l’Europa per abbassare le tasse a chi produce". Altro che politiche assistenzialiste o allargamento degli 80 euro. Il fronte degli imprenditori del Nord è preoccupato. Molti si sono pubblicamente spesi per un ritorno alle urne. "Il governo gialloverde ha fatto i provvedimenti (reddito di cittadinanza e quota 100) per cui era stato votato tutelando le fasce più deboli, poi però avrebbe dovuto andare oltre mettendo al centro le aziende. A partire da quelle cinquemila medie imprese che stanno realizzando il nuovo miracolo economico italiano". Tra i timori c’è anche il dietrofront sulla riforma dell’Autonomia. Condivide? "È un dibattito più che altro politico, al mondo delle imprese interessa una cosa: la riduzione della burocrazia". Nell’era gialloverde, molti voti grillini si sono spostati sulla Lega proprio per le politiche assistenzialiste come il reddito di cittadinanza. "È vero. È accaduto perché da gennaio-febbraio sarebbe servita una svolta nelle politiche economiche che non è mai arrivata". L’Europa ha detto che sarà benevola con nuovo esecutivo ma poi dipende come la spendiamo un’eventuale flessibilità. Quali le priorità secondo lei? "Si deve ripartire dalle medie imprese, incentivare le filiere che possono risollevare anche le migliaia di pmi in sofferenza. Tra flat tax e cuneo fiscale, adesso bisogna puntare al secondo. Prima le fabbriche e poi le case. La provocazione è: facciamo diventare l’Italia un paradiso fiscale del lavoro. Le aziende first". Un governo spostato così a sinistra può fare tutto questo? "L’economia non può continuare a rimanere stagnante, un altro anno così e ci troveremo in una spirale greca. Questo governo avrà un senso solo se spingerà la crescita e la chiave sono le imprese. L’attenzione è a costo zero, poi ci sono le politiche per abbassare le tasse. Se ci sono le risorse". E se non ci sono? Alziamo l’Iva? "Alzare l’Iva anche in modo selettivo sarebbe un segnale devastante e aumenterebbe l’evasione. Se l’Europa, contenta della nascita di questo governo ci concede qualcosa che non avrebbe concesso al precedente, portiamo a casa un trattativa aggressiva. Bisogna sfruttare la luna di miele". Lo spread ora scende ma il vento sui mercati può cambiare in fretta... Quali errori è vietato commettere? "Lo spread ha iniziato a scendere nonostante la lettera di Bruxelles che minacciava la procedura di infrazione, perché la vera preoccupazione dei mercati è l’ipotesi di un’uscita dall’euro. Questo adesso è escluso. La buccia di banana da evitare è annunciare di nuovo politiche di grande spesa. Soprattutto non produttiva". Invece si parla di estensione degli 80 euro, nuovo welfare e redistribuzione che qualcuno teme si traduca in patrimoniale... "Sarebbe la strada sbagliata! Va bene l’implementazione del reddito di cittadinanza per favorire il rientro nel mondo del lavoro, dopodiché per le fasce più deboli è già stato fatto parecchio. Anche mettere tasse sulla casa sarebbe un segnale sbagliato, allontanerebbe gli investitori". Secondo l’ideologo del M5S Paolo Becchi questa alleanza con il Pd distrugge l’opera di Gianroberto Casaleggio. "Casaleggio lo disse pubblicamente in un evento che organizzammo: la sfida del futuro sarà tra noi e il Pd. Anche io sono combattuto... ma il fine giustifica i mezzi. Il mondo è cambiato, i Cinquestelle sono andati al governo e nessuno nel 2013 lo avrebbe mai immaginato. Ora M5S e Pd hanno una responsabilità enorme: se ricominciano a litigare e falliscono non gli verrà perdonato".