Roma, 25 marzo 2024 – L’intelligenza artificiale e l’artigianato sono “vicini ma lontani”. L’indagine svolta dall’Istat per il Censimento permanente delle imprese, pubblicati in Confartigianato (2023), evidenzia che in Italia vi sono 134mila imprese con almeno 3 addetti che nel biennio 2021-2022 hanno utilizzato soluzioni di intelligenza artificiale, pari al 13,1% e di queste sono 124.959 le micro e piccole imprese (MPI) pioniere dell’IA, pari al 93,3% del totale.
In chiave settoriale, la quota di MPI imprese utilizzatrici di sistemi di IA è più elevata nel manifatturiero dove è del 14,6% pari a 26mila imprese, seguito dai servizi con 12,2%, pari a 85mila imprese e dalle costruzioni con 11,5%, pari a 14mila imprese. Un esame di maggiore dettaglio settoriale, disponibile per il totale delle imprese con almeno 3 addetti, evidenzia che le quote più elevate, e superiori al 20%, di utilizzatori di sistemi di IA nell’ambito del terziario si osservano per assicurazioni con 51,2%, servizi finanziari con 31,1%, vigilanza e investigazione con 26,7%, produzione di software, consulenza informatica con 26,7%, trasporto aereo con 25,5%, telecomunicazioni con 22,9%, ricerca scientifica e sviluppo con 20,6% e alloggio con 20,3%, mentre nella manifattura no energy, dopo la produzione del tabacco con il 50%, seguono i prodotti farmaceutici con 31,6% e i prodotti chimici con 25,1%, gomma e materie plastiche con 23,8%, macchinari ed apparecchiature con 23,2%, computer e prodotti di elettronica con 20,9%, bevande con 20,1% e stampa e riproduzione di supporti registrati con 20,1%.
Quale IA è scelta dalle imprese
La tipologia di soluzione di IA più frequente nelle micro e piccole imprese è legato a: esigenze di sicurezza informatica, inclusa la prevenzione di attacchi al proprio sistema informatico (3,9%), controllo dell'accesso a luoghi, a dati o a servizi (2,2%), manutenzione di macchinari e automezzi (2,1%), ottimizzazione dell'utilizzo di energia, del consumo di materie prime e del trattamento dei rifiuti e gestione della logistica (1,9%), automazione di processi produttivi (esclusi i robot) e applicazioni di contabilità e finanza (1,7%), automazione delle funzioni di vendita online di beni e servizi (1,4%) e applicazioni nella prevenzione, nella diagnostica e nelle cure mediche (1,0%).
I robot in azienda
Le tecnologie di IA nelle imprese si intrecciano con un crescente utilizzo dei sistemi robotizzati. Il confronto internazionale evidenzia che l’Italia è terza in Ue a 27 per la quota di piccole e media imprese (10-249 addetti) che utilizzano robot, pari all’8,3% e superiore al 5,6% della media europea. L’Italia segue la Danimarca (10,6%) e il Belgio (9,6%), ma presenta una maggiore diffusione di produzione robotizzata rispetto alla Francia (6,8%, al 7° posto in Ue), risultando pressoché doppia rispetto a quella registrata in Germania (4,4%, 17° posto in Ue). È di rilievo anche l’offerta di robot made in Italy: al 30 settembre 2023 in Italia sono attive 524 imprese nella fabbricazione di robot, con 10mila e 900 addetti. La presenza di sistemi della meccanica avanzata, il dinamismo delle start-up innovative e la presenza di corsi di laurea specializzati in ingegneria robotica e dell'automazione contribuiscono a delineare i territori maggiormente specializzati nella produzione di robot.
La carenza di personale
Nonostante l’IA sia ormai entrata a fare parte nei settori di investimento anche delle PMI nel report che l’Ufficio Studi di Confartigianato si annuncia un allarme sulla mancanza di personale. Stando ai dati del report, infatti, sono 125mila le micro e piccole imprese che hanno già varcato le frontiere dell’intelligenza artificiale, su un totale di 134mila imprese italiane pioniere dell’IA. Ma la loro corsa nella transizione digitale è frenata dalla difficoltà di trovare personale qualificato. Su 449mila lavoratori con elevate e-skill 4.0 richiesti dalle aziende, ne mancano all’appello 246mila, pari al 54,9%. Due piccole imprese su tre (66%) hanno adottato interventi per attrarre e/o trattenere il personale qualificato. In particolare, hanno attivato o intensificato la collaborazione con le scuole, soprattutto quelle ad indirizzo tecnico e professionale.
Controtendenza rispetto all’Europa
In generale, la scarsità di personale qualificato è indicato come il problema più grave dal 58,1% delle Mpi del nostro Paese, a fronte del 54,1% della media delle Mpi dell’Ue. Per le nostre aziende la difficoltà a trovare lavoratori con adeguate competenze viene indicata come addirittura di gran lunga più grave rispetto ai problemi della burocrazia, dell’accesso al credito, della concorrenza sleale.
Le figure più ricercate
In testa alla classifica dei lavoratori introvabili tra quelli capaci di gestire tecnologie relative a big data analytics, internet of things e robot vi sono gli elettricisti specializzati in costruzioni: lo scorso anno sono risultati difficili da reperire 11.900 su un fabbisogno delle imprese pari a 17.540. Difficile reperire anche 8.590 tecnici programmatori su un totale di 11.730. Arriva addirittura all’84% la quota di ‘introvabili’ nell’automotive: su 6.760 meccanici e autoriparatori è stato difficile trovarne 5.680. Stessa percentuale di difficoltà di reperimento per gli addetti ai macchinari utensili, pari a 6.350 lavoratori su 7.560.