Roma, 29 gennaio 2025 – Un’Unione Europea che sta andando in direzione opposta rispetto a quello che dovrebbe fare. Secondo Alec Ross, distinguished adjunct professor alla Bologna Business School, Bruxelles deve mettere da parte il catastrofismo e accettare le grandi sfide che l’intelligenza artificiale presenta, foriere di altrettante opportunità. Il rischio, in caso contrario, è rimanere fuori dalla grande competizione globale e ristagnare automaticamente dal punto di vista economico.
Professor Ross, Usa e Cina fanno passi avanti sull’intelligenza artificiale. Cosa può fare ora la Ue per diventare competitiva?
“Dal punto di vista politico, l’Ue dovrebbe fare esattamente l’opposto rispetto alle sue attuali politiche. A un anno dall’entrata in vigore dell’AI Act europeo, sappiamo ormai che si tratta di un totale fallimento. Dovrebbe essere sospeso. In secondo luogo, è necessario affrontare le barriere culturali all’adozione e all’innovazione legate all’intelligenza artificiale. In Italia, il 90% dei media parla di AI in termini negativi, mentre in Cina e negli Stati Uniti il 90% delle notizie è positivo. Forse americani e cinesi esagerano, ma lo stesso vale, in senso opposto, per gli europei. Bisogna smetterla con il catastrofismo e iniziare a vedere l’AI come uno strumento per affrontare le grandi sfide, dal cambiamento climatico alla sanità, fino all’educazione”.
Quanto ci vuole per investire nell’AI?
“Non si tratta di una questione di denaro, ma di quanto rischio si è disposti ad accettare. In realtà, i costi per sviluppare applicazioni di intelligenza artificiale in settori come la manifattura, l’agricoltura e altri ambiti di eccellenza in Italia non sono particolarmente elevati. È meno una questione di risorse economiche e più una questione di tolleranza al rischio e di desiderio di sperimentare qualcosa di nuovo”.
Quali sono le conseguenze dal punto di vista geopolitico se si rimane indietro in questa corsa?
“Se tutto viene inventato dai cinesi e dagli americani, l’Europa continuerà a ristagnare economicamente. Il ristagno economico genera una recessione geopolitica. Di conseguenza, se l’Europa è irrilevante nel campo dell’intelligenza artificiale, sarà sostanzialmente meno rilevante anche dal punto di vista geopolitico”.
La Ue è una potenza normativa. Questo riguarda anche l’intelligenza artificiale, con i limiti posti dai giuristi per quanto riguarda l’aspetto etico. Quanto rischia di penalizzarci?
“Non è una teoria, è una realtà. In termini di rilevanza, l’Ue sta diventando più simile all’Antartide che agli Stati Uniti o alla Cina per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, e la responsabilità è della regolamentazione. I dibattiti sull’etica sono teatrali, più radicati in un senso di superiorità morale che nella realtà”.
L’IA ha un costo energetico elevato. La Ue fra Green New Deal e sanzioni alla Russia ha qualche difficoltà sotto questo profilo, a differenza di Usa e Cina. Può essere un impedimento ulteriore?
“L’ironia di tutto questo è che l’intelligenza artificiale è una parte fondamentale delle soluzioni alle future crisi energetiche. La risposta è avere una politica energetica più dinamica, che investa pesantemente sia nelle rinnovabili che in fonti pulite come il nucleare. È ora di smettere di trovare scuse per tutto e iniziare ad agire. Coloro che si strappano i capelli parlando dei bisogni energetici stanno, ancora una volta, agendo in modo più teatrale che concreto. Guardiamo a ciò che stanno facendo gli americani, investendo nella fusione e in forme massicce di energia sostenibile per alimentare i loro data center. Non c’è nulla che ci impedisca di fare lo stesso in Europa”.