Martedì 19 Novembre 2024
LORENZO PEDRINI
Economia

Anche gli edifici inquinano: Cina al top per emissioni di CO2. La classifica delle città

Nelle prime posizioni Handan, Shanghai e Pechino. Ma anche Russia ed Europa non scherzano. E l'Italia? Sconta la presenza di palazzi vecchi e gli alti costi per costruire case smart

Una veduta aerea della città di Shanghai

Una veduta aerea della città di Shanghai

A leggere la graduatoria mondiale delle emissioni inquinanti urbane curata dalla Scuola di Ingegneria e Scienze Ambientali della Sun Yat Sen University di Canton, è vero, i brividi più intensi correranno lungo la schiena dei cinesi. Ma, allargando lo sguardo a un Vecchio Continente da tempo non più 'in via di sviluppo', più di qualche preoccupazione può sorgere anche a noi italiani. Infatti, sullo sfondo di un pianeta in cui "le grandi città producono l’80% delle emissioni di Co2", parola degli analisti di un player leader nella progettazione e manutenzione edile come Silvi Costruzioni Edili, “anche le grandi metropoli europee non scherzano”. Comprese quelle tricolore. Già, perché nello studio in materia portato a termine dai luminari Ting Wei, Junliang Wu e Shaoqing Chen, dopo i colossi dell'inquinamento della Repubblica Popolare come Handan (199 milioni di tonnellate di Co2 immesse in atmosfera ogni anno), Shangai (188 Mt Co2), Suzhou (152 Mt Co2), Dalian (142 Mt Co2) e Pechino (132 Mt Co2), vengono a ruota diversi grandi agglomerati urbani ben più vicini a noi.

A partire da Mosca, la città più inquinante del nostro Continente, al settimo posto del ranking globale con 114 Mt Co2, e da Istanbul, all'ottavo (ma seconda nel quadrante europeo) con 73 Mt Co2. Ma, se fin qui parliamo comunque di Federazione Russa e Turchia, colpisce ancora di più il nono posto globale (e primo nell'Unione Europea) di Francoforte (con 46 Mt Co2). Come colpisce che, proseguendo nella lettura della classifica, dietro a San Pietroburgo (43 Mt Co2) figurino Atene (39 Mt Co2), Berlino (28 Mt Co2) e la nostra Torino (23 Mt Co2), che “è appunto settima in Europa ed al cinquantaduesimo posto della graduatoria mondiale”. Poi, scendendo verso il fondo diella Top 12 europea ricavata da Silvi Costruzioni Edili a partire dai dati globali raccolti dai cinesi, si leggono i nomi di Amburgo (20 Mt Co2), dell'olandese Rotterdam (18 Mt Co2), di Varsavia (14 Mt Co2), di Lione (10 Mt Co2) e della dotta Bologna (8 Mt Co2), che mai avremmo pensato (anche per le ridotte dimensioni rispetto a tutti i 'competitor') di trovare tanto in alto.

Ma che cos'è che rende la civiltà urbana europea tanto impattante da portare le emissioni di Torino (con i suoi poco più di 850mila abitanti) a quasi un quinto di quelle di Pechino (che di abitanti ne ha oltre 25 milioni)? Per Silvia Silvi, general manager di Silvi Costruzioni, “il problema delle città in Europa è legato soprattutto agli edifici, che rappresentano una quota pari al 36% delle emissioni di gas climalteranti”. Con un'Italia che, alla luce di "un parco edilizio composto per il 92% da edifici residenziali e per il restante 8% da immobili destinati ad altri usi", sconta una certa vetustà di maggior parte delle proprietà immobiliari. Questo anche perché, proseguono gli analisti del polo romano dell'edilizia, “gli elevati costi di realizzazione continuano a fare da barriera alla diffusione di tecnologie smart per costituire di fatto 'edifici intelligenti'. E perché “spesso chi affronta queste spese è spinto più dai Bonus edilizi piuttosto che da una reale consapevolezza”.

Guardando al futuro, però, va detto che giocoforza “tutti gli edifici già esistenti dovranno migliorare le loro prestazioni energetiche”. Tanto nel solco di una Renovation Wave Strategy dell'Unione che “ha imposto entro il 2030 tagli consistenti, a partire dalla riduzione del 60% delle emissioni climalteranti rispetto al 2015”, quanto in quello di un “piano RePowerEu di affrancamento dal gas russo che ha di fatto aumentato del 13% il target di efficienza energetica e del 45% la quota da energia rinnovabile dei consumi complessivi al 2030”. Per contenere, laddove lo sviluppo forsennato può e deve convivere con regole chiare, un impatto dell'edilizia sull'ambiente che rischia di vanificare i tanti sforzi profusi da Bruxelles sui fronti delle emissioni dei veicoli e di quelle dell'industria manifatturiera.