Roma, 3 ottobre 2023 – Chi è pronto a liquidarli come un’insulsa diavoleria dei tempi che stiamo vivendo sarà costretto a ricredersi: il fenomeno del cosiddetto ‘influencer marketing’ è in costante crescita e coinvolge sempre più aziende, anche nel nostro Paese. I numeri sono da capogiro: secondo un recente studio, condotto per conto dell’associazione Centromarca da Almed – Alta scuola in media, comunicazione e spettacolo dell’Università Cattolica, Sensemakers e Comscore (società attive nello studio di comportamenti e profili delle audience digitali), solo i ‘nano-influencer’ (influencer seguiti da un minimo di 1.000 a un massimo di 10.000 follower) ‘pesano’ per il 45% sulla valorizzazione di un brand e superano ormai le classiche celebrity, la cui capacità di ‘influenzare’ le opinioni degli utenti è ferma al 37%. Se si pensa che l’influencer italiana per definizione, l’imprenditrice Chiara Ferragni, vanta 30 milioni di follower solo su Instagram, si può facilmente immaginare quanto sia enormemente più ‘influente’ rispetto a un qualsiasi ‘vip’ dello spettacolo, del cinema o della canzone. Ma vediamo nel dettaglio chi sono gli influencer, in quali categorie sono suddivisi e quale ruolo possono ricoprire nella strategia di marketing di un’azienda.
Chi è l’influencer?
Se il passaparola esiste dalla notte dei tempi – ciascuno di noi, almeno una volta nella vita, ha dato un consiglio su cosa acquistare in un determinato ambito, ‘influenzando’ le opinioni di chi ci sta intorno – in un panorama enormemente amplificato dai social network, dal passaparola si passa all’influencer marketing. L’enciclopedia Treccani, che lo ha inserito fra i neologismi nel 2017, definisce infatti l’influencer come un “personaggio di successo, popolare sui social e, in generale, molto seguito dai media, in grado di influire sui comportamenti e sulle scelte di un determinato pubblico”. Parliamo, dunque, di un particolare utente in grado di amplificare pareri, messaggi e opinioni grazie alla sua riconosciuta (o presunta) competenza in uno o più settori. Questa capacità dipende dalla sua reputazione, dalle sue conoscenze ed esperienze in quell’ambito e dalle sue capacità relazionali, che è riuscito a costruirsi grazie a un ottimo lavoro di ‘personal branding’ (letteralmente, l’insieme delle strategie messe in atto per promuovere sé stessi). L’influencer ha saputo, cioè, guadagnarsi la fiducia della sua ‘community’ (l’insieme dei suoi follower), che segue i suoi consigli alla lettera, prendendoli puntualmente per veritieri. Gli influencer si ‘incontrano’ sui social come TikTok, Instagram, X, Facebook e Youtube: su ciascuna di queste piattaforme hanno svariati follower attivi. In base al numero dei ‘seguaci’ varierà la loro importanza e, di conseguenza, il loro budget.
Cos’è l’influencer marketing?
Prima di chiarire cosa sono i mega, macro, micro e nano influencer occorre soffermarsi sull’influencer marketing, un genere di marketing basato sull’ascendente (l’influenza) che gli utenti con molto seguito sui social network esercitano sul potere d’acquisto dei consumatori. Un po’ come i testimonial nelle pubblicità fino agli anni Novanta e Duemila, gli influencer si fanno portavoce dei vantaggi di prodotti e servizi che dichiarano di utilizzare con soddisfazione ma, a differenza dei testimonial, gli influencer possono essere anche persone comuni e non necessariamente star o personaggi pubblici. Lavorano principalmente sulla notorietà e sulla reputazione del brand che promuovono, parlandone con spontaneità (genuina o accuratamente studiata), a partire dalla propria esperienza con i prodotti da loro testati nella vita quotidiana, condivisa minuziosamente sui social. L’influencer marketing coinvolge ormai diversi settori anche nel nostro paese. Secondo un’indagine elaborata dall’Osservatorio nazionale influencer marketing (Onim) su un campione di 400 professionisti, il 67% degli intervistati dichiara di aver realizzato tra 1 e 3 progetti di influencer marketing già nel 2018; il 67,22% si dichiara soddisfatto dei risultati; il 67,5% ha in programma di aumentare il budget dedicato a tali strategie in futuro. I settori sono trasversali, ma la maggior parte degli investimenti in influencer marketing è stata destinata a fashion (17,6%), food & beverage (17,6%), travel (12%), tech (9%), beauty (8,6%) e sport (71%). In generale, il social che per eccellenza è adoperato per l’influencer marketing è Instagram, seguito da Facebook e YouTube.
Mega, macro, micro e nano influencer
Gli influencer si distinguono, come dicevamo, in categorie diverse a seconda del numero di follower e, conseguentemente, della portata delle loro azioni social. I mega influencer sono celebrità molto conosciute e amate in tutto il mondo, come le star del cinema e della moda, i campioni dello sport, o ancora, personaggi pubblici come le influencer Clio MakeUp e la già citata Chiara Ferragni, che hanno saputo cavalcare a loro favore la digital trasformation, quando era ancora un fenomeno agli albori e oscuro ai più. Generalmente, i loro profili hanno milioni e milioni di follower e i brand che possono permettersi di ingaggiarli per campagne pubblicitarie o di influencer marketing sono già top player nei loro mercati di riferimento. I macro influencer sono produttori di contenuti (content creator, appunto) che sono ormai ritenuti professionisti affermati nel loro settore e vantano tra i 100mila e 500mila follower. I contenuti che creano e condividono sono di qualità piuttosto elevata, il loro pubblico fidelizzato è cresciuto nel tempo e spontaneamente. Esponenti italiani di questa categoria, assai noti anche al grande pubblico, sono Dario Vignali, classe ’91, ex influencer e oggi amministratore delegato del magazine digitale Marketers; e Rossella Migliaccio, massima esperta italiana di armocromia.
I micro influencer sono invece seguiti da un minimo di 10mila a un massimo di 100mila follower. Godono di un buon seguito in nicchie specifiche e ristrette di mercato, ma offrono il vantaggio di poter gestire le interazioni con la cerchia dei follower con maggior naturalezza. Il micro-influencer è un personaggio che usa i canali social per comunicare le proprie passioni senza particolari strategie di marketing alle spalle. In ambito sportivo è sufficiente menzionare, quale buon esempio di micro influencer, alcuni ‘coach’ di varie discipline, come Lorenzo Lotti, runner ed esperto di corsa, con all’attivo 51mila follower, cui dispensa quotidianamente ‘pillole’ di suggerimenti sulla tecnica di corsa, ma anche sulle calzature da scegliere e sull’abbigliamento da indossare durante l’attività fisica. I nano influencer hanno profili seguiti da un minimo di mille a un massimo di 10mila seguaci. Coinvolgerli nelle strategie di digital marketing rappresenta l’ultima tendenza sperimentata negli Usa e, presumibilmente, si diffonderà presto anche in Europa. I nano influencer hanno il vantaggio di gestire profili con elevati tassi di coinvolgimento, riuscendo a raggiungere con più efficacia una platea di follower di gran lunga maggiore rispetto a quella dei mega e macro influencer. Tendenzialmente, come i micro influencer, anche i nano influencer si concentrano su nicchie di mercato specifiche, spesso prive di veri e propri leader di settore, rappresentando, di fatto, gli unici punti di riferimento. Anche i nano influencer sono seguiti dai cosiddetti ‘true fan’, follower fidelizzati grazie alla cura costante delle interazioni.