Giovedì 21 Novembre 2024
ELENA COMELLI
Economia

Perché l'inflazione non lascia dormire sonni tranquilli. Il rischio di una seconda ondata

Se l’inflazione dovesse rialzare la testa e rivelarsi più "sticky" (appiccicosa) del previsto, allora il lavoro fatto fin qui - con la Fed che ha portato i tassi al 4,75% e li proietta in area 5,25% e la Bce che ha alzato al 3% e punta a un tasso di approdo in area 3,5% - potrebbe essere rimesso in discussione

La guerra all'inflazione non è ancora vinta. Il rischio di una seconda ondata pesa sul recupero dei mercati finanziari. Un rischio che nella prima parte dell’anno l’azionario ha ignorato - considerati i rialzi a doppia cifra dei principali listini - ma che da qualche seduta è stato preso più sul serio. L’indice S&P 500 è scivolato da un recente picco a 4.200 punti sotto i 4mila e anche le Borse europee stanno ritracciando dai picchi della scorsa settimana. Rispetto ai nastri di partenza di inizio anno siamo sempre ben più in alto, ma i ripetuti moniti dei banchieri centrali delle ultime settimane sembrano aver fatto breccia anche nella parte più speculativa del mercato. Se l’inflazione dovesse rialzare la testa e rivelarsi più “sticky” (appiccicosa) del previsto, allora il lavoro fatto fin qui - con la Fed che ha portato i tassi al 4,75% e li proietta in area 5,25% e la Bce che ha alzato al 3% e punta a un tasso di approdo in area 3,5% - potrebbe essere rimesso in discussione.

Inflazione, supermercato (Ansa)
Inflazione, supermercato (Ansa)

Nell'Eurozona il principale motivo di preoccupazione è che in vari Paesi a un calo dei prezzi energetici corrispondono segnali di stasi o addirittura di rialzo dell'inflazione di fondo (quella che non tiene conto di energetici ed alimentari), com'è successo ad esempio in Spagna, dove a gennaio l’inflazione 'core' è balzata oltre le attese al 7,5% superando paradossalmente il paniere complessivo (5,8%). Anche in Italia sta emergendo la stessa dinamica, con l’indice generale dei prezzi al consumo sceso al 10% nel mese di gennaio, rispetto all’11,6% del dicembre 2022, secondo i dati riportati dall’Istat. La situazione sembra quindi migliore, ma si tratta solo un'illusione.

Il risultato positivo pubblicato mercoledì 22 febbraio è stato infatti condizionato dal calo dei prezzi dei beni energetici regolamentati (-12%), ma sono in aumento quelli degli alimentari non lavorati (+8%). Viene rilevata un’accelerazione dei prezzi dei beni durevoli (+6,8%) e di quelli non durevoli (+6,7%). L’inflazione di fondo, escludendo i beni energetici e gli alimentari freschi, è salita dunque dal 5,8% al 6% su base annuale, mentre quella al netto dei soli beni energetici è rimasta stabile al 6,2%.

Questi dati fanno presagire una decisa riduzione dell’inflazione in Italia nel corso del 2023, che dovrebbe attestarsi attorno al 5,2% secondo l'Istat (comunque ben lontana dal target Bce del 2%), ma questo non si tradurrà necessariamente in una diminuzione generale del costo della vita per le famiglie del Belpaese. Anzi, dai dati emerge che le pressioni sui prezzi sono ormai strutturali nella nostra economia, come ha sottolineato anche il Codacons, che segnala che per quanto riguarda i prezzi al dettaglio “l’Italia è messa ancora male”, e il ribasso registrato a gennaio è una “mera illusione ottica” dovuta esclusivamente al calo dei prezzi dei beni energetici.

A livello globale, anche i prezzi di alcune materie prime non lasciano dormire sonni tranquilli. Dai minimi di luglio il rame è risalito del 40% e solitamente è considerato un anticipatore dell’inflazione Usa, che tende ad incamerare questo movimento con tre mesi di ritardo. Altro aspetto da non sottovalutare per l'andamento dei prezzi negli Usa è il tema dei salari. Ha fatto notizia il recente annuncio da parte di Walmart - la più grande catena di distribuzione retail negli Stati Uniti - che ha aumentato i salari minimi del 17% (da 12 a 14 dollari). Quando anche i salari crescono è come se venisse messo una sorta di bollino definitivo, di certificazione, all’inflazione che si è creata. Difficile tornare indietro. Più probabile che i prezzi continuino a salire, piuttosto che scendere. Le banche centrali confidano che presto questo percorso non superi il 2%, ma se i mercati finanziari continueranno a salire Fed e Bce potrebbero avere un compito ancora più difficile, considerato che migliorano le condizioni finanziarie e anche potenzialmente la capacità di spesa di cittadini e investitori. Con annesse pressioni inflazionistiche. La guerra ai prezzi è ancora lunga.