Venerdì 27 Dicembre 2024
ANTONIO PETRUCCI
Economia

Industria ceramica, in calo la produzione nel 2024

Si chiude un 2024 in chiaroscuro per l'industria della ceramica italiana, con una produzione in calo rispetto allo scorso anno, ma anche con volumi di vendita leggermente più su del 2023, grazie ad alcuni mercati esteri

La lavorazione della ceramica (foto d'archivio)

La lavorazione della ceramica (foto d'archivio)

Roma, 26 dicembre 2024 – Si chiude un 2024 in chiaroscuro per l'industria della ceramica italiana, con una produzione in calo rispetto allo scorso anno, ma anche con volumi di vendita leggermente più su del 2023, grazie ad alcuni mercati esteri. La domanda interna è sostanzialmente in pari con l'ultimo rilevamento, mentre per il futuro gli addetti ai lavori sperano in alcune importanti decisioni in sede europea.

Il preconsuntivo di Prometeia

Prometeia nel suo preconsuntivo 2024 ha sottolineato per l’industria italiana delle piastrelle di ceramica un lieve incremento dei volumi di vendite, pari a 376 milioni di metri quadrati, +1,9% rispetto al 2023, soprattutto grazie a 291 milioni di metri quadri esportati (+2,4%) e a vendite interne pari a 85 milioni di metri quadrati (+0,3%). La produzione è invece indicata in contrazione del 2%.

Il pensiero di Augusto Ciarrocchi

"Il contesto competitivo nel quale le nostre aziende sono chiamate ad operare sarà determinato da decisioni di straordinaria importanza che l’Europa prenderà nei prossimi mesi, per le quali chiediamo il supporto ed il sostegno di tutte le istituzioni nazionali ed europee. Siamo a favore di una decarbonizzazione pragmatica – afferma Ciarrocchi, presidente di Confindustria Ceramica – che avvenga in tempi adeguati alle tecnologie realmente disponibili, evitando però di continuare a penalizzare la nostra industria che, grazie ai rilevanti investimenti fatti nel corso degli anni, ha già avviato percorsi con riduzione nelle emissioni che non hanno pari nel contesto internazionali. E’ essenziale che nella definizione delle norme in tema ambientale si abbandoni l’approccio ideologico fin qui seguito, senza considerare quali siano i possibili percorsi da intraprendere per arrivare al risultato”.

Le criticità del mercato italiano e internazionale

L’industria ceramica italiana sottolinea il problema dei prezzi di gas metano ed energia elettrica, più alti rispetto a quelli dei concorrenti internazionali, ma anche quello delle crescenti importazioni di ceramica a basso costo dall'India, provenienti da fabbriche con discutibili livelli di tutela dei lavoratori e dell’ambiente. Inoltre, Confindustria Ceramica richiede politiche e strumenti di difesa commerciale adeguati e l'innalzamento dei dazi antidumping all’import di piastrelle indiane e delle stoviglie cinesi (l’antidumping è uno strumento di difesa commerciale utilizzato dall’Unione Europea per proteggere il mercato interno dai paesi in cui il costo di produzione o del lavoro è più basso). Anche i rischi di rialzo di dazi e tariffe all’import negli Stati Uniti generano preoccupazione per un settore campione di export come è la ceramica italiana. Una criticità resa ancora più marcata dalla concomitanza tra i possibili minori flussi di ceramica italiana venduti oltremare che si sommerebbero alle decisioni di altri Paesi esportatori verso gli Usa i quali – trovando questo mercato chiuso – potrebbero dirottare proprio in Europa la loro sovrapproduzione.

In calo il mercato delle attrezzature

Intanto i dati del 2024 delle macchine e delle attrezzature per la ceramica non sono positivi, con un fatturato di 1,8 miliardi di euro, in calo del 24% rispetto allo scorso anno. A evidenziarlo l'Acimac, l'associazione che rappresenta le aziende del settore, dopo 3 anni di crescita. Il calo riguarda sia il mercato interno, con un fatturato di 480 milioni, -26%, che le esportazioni, ferme a 1,32 miliardi, -23,5%. Male i dati del mercato europeo e americano, in controtendenza Algeria e Vietnam. "Stiamo attraversando un momento molto critico, è inutile negarlo, e ce lo aspettavamo – commenta il Presidente di Acimac, Paolo Lamberti –. C’è sicuramente un elemento di ciclicità come ragione di questa crisi, ma non solo. Subentrano altri fattori come la competizione internazionale sempre più aggressiva, in particolare quella cinese, una naturale flessione dovuta ai forti investimenti degli ultimi anni da parte dei clienti sulle loro linee produttive e l’aumento dei nostri costi produttivi”.