Mercoledì 25 Dicembre 2024

Fili Pari svela il primo tessuto fatto con polvere di marmo

SI SONO CONOSCIUTE sui banchi universitari del Politecnico di Milano, più precisamente del corso di laurea in Design della moda, che entrambe frequentavano. Ed è proprio qui, in quelle pause pigre fra una lezione e l’altra, che Francesca Pievani e Alice Zantedeschi (nella foto), oggi entrambe 35enni, hanno concepito il loro progetto di tesi, divenuto poi una startup ad alto contenuto di innovazione: si chiama Fili Pari ed è l’anagramma di Ali e Fripi, i soprannomi delle due fondatrici. Incubata dal Politecnico di Milano, che da luglio 2022 partecipa all’avventura imprenditoriale anche in qualità di socio, la startup intreccia due materiali apparentemente lontanissimi fra loro: da una parte il marmo, freddo e duro, dall’altra i tessuti che indossiamo, per definizione leggeri, morbidi e avvolgenti. "L’idea è proprio mettere in connessione due filiere, il marmo e la moda: il primo rappresenta l’eccellenza nella storia dell’arte italiana, la seconda è simbolo riconosciuto del made in Italy nel mondo", esordisce Zantedeschi.

Il ‘fil rouge’, è il caso di dirlo, si chiama Marmmore ed è il primo tessuto al mondo – con brevetto depositato nel 2014 – realizzato con polvere di marmo, un sottoprodotto delle operazioni di cavatura. "Questo materiale coniuga performance tecniche e caratteristiche estetiche, grazie alla presenza di marmo al suo interno", spiega la co-fondatrice. "Impermeabile, traspirante e antivento, Marmmore è una spalmatura su tessuto, una sorta di microfilm che sostituisce parte della componente sintetica al suo interno con la polvere di marmo. Il risultato è un tessuto del tutto privo di fluoro e altre sostanze tossiche per l’ambiente e per le persone". La denominazione nasce da ‘marmor’, traduzione latina di marmo, a indicare il legame antico e prezioso tra il materiale e il territorio italiano.

A seguire, il termine inglese ‘more’ (letteralmente, ‘più’) indica come il marmo conferisca un valore aggiunto, un ‘plus’ rispetto ai classici spalmati in poliuretano. "‘More’ segnala anche una percezione inedita del marmo stesso: prima pesante e statico, ora diventa leggero e indossabile", precisa ancora Zantedeschi. Si tratta, in definitiva, di un’alternativa sostenibile al tessuto tecnico: i capi diventano infatti impermeabili, resistono al vento e all’abrasione e ritardano la fiamma, pur rimanendo morbidi al tatto. Le applicazioni di Marmmore spaziano dal design (di interni ed esterni) all’automotive, fino alla realizzazione di capi d’abbigliamento e accessori.

Economia circolare, sostenibilità, innovazione tecnologica, valorizzazione del territorio: tutte caratteristiche che hanno reso il progetto alla base della startup particolarmente interessante fin dal 2014, anno in cui Pievani e Zantedeschi, fresche di laurea, depositavano il primo brevetto su Marmmore. "Subito dopo il rilascio del primo brevetto, in realtà, abbiamo deciso di lasciarlo nel cassetto. Volevamo cambiare aria, dedicarci ad altro. Non abbiamo più parlato del possibile sviluppo di una startup per almeno tre anni", racconta Zantedeschi. "Ma la nostra idea continuava a circolare fin dal giorno della nostra discussione di laurea, grazie al passaparola. Ci contattavano sempre più spesso sia aziende interessate a esaminare il materiale, sia giornalisti. Io e Francesca, allora, abbiamo deciso di riprendere in mano il progetto e creare una piccola collezione di capi: principalmente trench, impermeabili e capispalla".

Fili Pari si è costituita ufficialmente come startup nel 2020 e, un anno più tardi, è divenuta società ‘benefit’ (qualifica giuridica che consente alle società di capitali di perseguire anche obiettivi di beneficio sociale) per l’impegno a promuovere il cambiamento verso una moda più sostenibile. A luglio 2022 si è concluso un round di investimento per l’aumento del capitale sociale, con l’ingresso di sette nuovi soci investitori, tra cui il Politecnico di Milano. L’ultimo traguardo, conseguito poche settimane fa, è il deposito del brevetto su un nuovo progetto: la realizzazione di una tintura a basso impatto ambientale, che utilizza polvere di pietra per ‘dare colore’ direttamente al filato, risparmiando notevoli quantità d’acqua. Se il metodo tradizionale necessita di almeno 150 litri d’acqua per tingere un chilo di filato, infatti, il procedimento brevettato da Fili Pari in partnership con Dyeberg – storica azienda della Bergamasca che si occupa di tintura dei tessuti – ne richiede soltanto uno. Il progetto ha avuto il sostegno dell’Unione europea.

I distretti con cui la startup collabora di più sono, appunto, Bergamo (città d’origine di Francesca Pievani), Verona (città da cui proviene Zantedeschi) e Carrara, ovvero i principali poli di lavorazione del marmo in Italia. Fili Pari fornisce poi la polvere di marmo a diverse aziende tessili e laboratori artigianali partner. Per restare in ottica ‘zero rifiuti’ e applicare ulteriormente i principi dell’economia circolare, il materiale tecnico Marmmore viene utilizzato in combinazione con lane, avanzi di magazzino di importanti case di moda italiane, cotoni di recupero o materiali riciclati, come il nylon certificato. Quando i capi arrivano al termine della loro vita utile, è la stessa Fili Pari a farsi carico del programma di ritiro. "È il momento di vestirci nel modo in cui vogliamo vivere", conclude Zantedeschi, "la nostra idea di moda è lontana anni luce dal concetto di ‘usa-e-getta’. Al contrario, l’intero ciclo di vita dei nostri prodotti è pensato per migliorare il benessere del pianeta e delle persone. Utilizzando i sottoprodotti dell’industria del marmo, rendiamo la pietra indossabile e, soprattutto, trasformiamo lo scarto in una meravigliosa opportunità".