Roma, 2 ottobre 2024 – Siamo di fronte a una crisi drammatica dell’auto in Italia e in Europa che investe direttamente Stellantis. Quali punti suscitano maggiore preoccupazione?
"Stellantis quest’anno produrrà meno di 300mila auto, segnando il minimo storico, tornando ai livelli del 1957. L’indecisione sull’elettrico sta causando effetti drammatici come lo stop alla Gigafactory a Termoli, la produzione quasi ferma da mesi, nessun progetto per la rete elettrica, nessun investimento a breve per nuovi modelli, il rinvio di quelli previsti, il record della cassa integrazione in tutti i siti e un’azione dura e inaccettabile nei confronti dei lavoratori della logistica, dei servizi e degli appalti". È netto Rocco Palombella, il sindacalista da 15 anni alla guida dei metalmeccanici della Uilm, che oggi riunisce mille delegati a Firenze per l’assemblea nazionale.
Quali sono i rischi a livello occupazionale e industriale, se non si interviene subito?
"Il rischio primario è che, dopo aver già perso oltre 12mila posti di lavoro negli ultimi tre anni, ci sia una drastica e ulteriore perdita occupazionale, seguendo le orme di Volkswagen e Audi. La totale confusione a livello europeo e nazionale sulla gestione della transizione all’elettrico mette a rischio fino a 120 mila posti di lavoro in Italia e l’intera filiera. Sono urgenti misure straordinarie per evitare questo declino, a partire da investimenti concreti per rilanciare la produzione e dalla proroga degli ammortizzatori sociali in scadenza nei prossimi mesi. La situazione è al collasso, ma da Stellantis e dal governo non registriamo azioni concrete".
Come intervenire? Che cosa deve fare subito il gruppo?
"Stellantis deve gestire la transizione e non subirla, con il rilancio della produzione in Italia con nuovi modelli, non solo elettrici, che abbiano mercato in tutto il mondo. Non è accettabile che solo il 14% delle auto vendute in Italia sia prodotto qui. Altro che incentivi per il Made in Italy! È necessario, quindi, sbloccare la Gigafactory a Termoli e, in ogni caso, continuare a garantire la produzione dei motori. Occorrono impegni chiari per tutti i siti, per salvaguardare posti di lavoro e ridare competitività a un settore che è ancora, nonostante tutto, il nostro fiore all’occhiello".
Che cosa deve fare il governo?
"Invece di chiedere rinvii e continuare con polemiche sterili, deve dire chiaramente come vuole salvaguardare la produzione nazionale in un settore strategico e come vuole gestire la transizione all’elettrico. Non possiamo credere che i progetti principali siano la riapertura delle miniere, gli incentivi o l’arrivo di produttori cinesi. Occorre al più presto un incontro con Tavares e la premier Meloni, come richiesto più volte da noi e da Cgil, Cisl e Uil, per avviare una discussione seria ed efficace. Di un’audizione in Parlamento di Tavares non sappiamo che farcene".
Come vede l’arrivo di un altro produttore come ipotizza il ministro Urso?
"L’invasione della Cina nel settore auto è cominciata da anni, con rischi senza precedenti se non gestita con adeguate politiche di protezione e sviluppo. Tutto questo è stato possibile anche con il benestare di Stellantis, che ha investito oltre un anno fa 1,5 miliardi in un’azienda cinese di cui commercializzerà i modelli in Europa, e del ministro Urso che si compiace nell’aver sottoscritto dei Memorandum con tre gruppi cinesi per portali in Italia. Che tristezza vedere nei concessionari Stellantis auto cinesi. Di questo passo perderemo anche l’eccellenza della produzione di auto, il valore del Made in Italy sbandierato solo a parole".
Stellantis e governo, in realtà, sono vicini allo scontro.
"Il governo e Stellantis devono avviare un dialogo serrato e costruttivo per evitare ulteriori disastri occupazionali. Uno scontro porterebbe a conseguenze devastanti, in una situazione già estremamente pericolosa. Per questo, dopo oltre 40 anni, il 18 ottobre abbiamo indetto uno sciopero storico. C’è l’urgenza di una svolta radicale e di un cambio di marcia immediato. Non possiamo rimanere indietro e chiedere pannicelli caldi, occorrono misure immediate per affrontare gli effetti occupazionali, sociali e industriali di questa transizione. Per noi il tempo è scaduto".