Martedì 3 Dicembre 2024
ALESSANDRO D’AMATO
Economia

Crisi Stellantis, il sindacalista: "Fiat chiedeva e investiva"

Il segretario della Fim-Cisl su Tavares: si era infilato in una situazione grottesca "Occorre puntare sull’elettrico e poi trasformare la filiera, con l’aiuto dello Stato"

Una protesta sindacale

Una protesta sindacale

Roma, 4 dicembre 2024 – Ferdinando Uliano, segretario della Fim Cisl, lei segue il gruppo Fiat-Stellantis dagli anni di Marchionne. Cosa è cambiato da allora a oggi?

"L’impostazione. Quella di Marchionne prevedeva investimenti nel Paese e niente scambi con i governi. Così Fiat è riuscita ad arrivare al milione di veicoli nel 2017. Tutto è cambiato con il gruppo Stellantis. I livelli di richieste e di scambio nei confronti dei governi sono diventati dirimenti per fare o non fare gli investimenti".

Condivide il giudizio di Carlo Calenda su Tavares?

"Siamo arrivati allo scontro quasi storico con sciopero e manifestazione nazionale. Le posizioni si sono differenziate molto nell’ultimo anno e mezzo, quando serviva un rafforzamento del piano industriale. Quando nei primi mesi di quest’anno Stellantis ha perso un terzo dei volumi ci si allontanava dall’obiettivo che sarebbe servito per mettere in sicurezza gli impianti, l’occupazione e l’indotto. Anche per noi il cambio può rappresentare una svolta positiva: Tavares ormai si era infilato in una situazione grottesca. Ora è necessaria una via d’uscita".

L’economista Mario Deaglio ha scritto che la crisi del settore automotive riguarda tutta l’Europa e l’Occidente e chiama in causa anche la Banca Centrale Europea. È d’accordo?

"Penso che l’uscita dalla crisi del settore evidenzi la difficoltà determinatasi con la transizione green. Con l’imposizione dei tempi per cessare la produzione dei motori endotermici e gli abbassamenti delle emissioni senza che ci sia anche una modernizzazione della filiera della componentistica e gli interventi per le infrastrutture di ricarica e sugli ammortizzatori per i lavoratori. Per uscirne dobbiamo difenderci dai produttori cinesi ma anche e soprattutto intervenire a sostegno della produzione".

A proposito di questo: secondo il ministro Salvini in Stellantis il problema è la proprietà che ha preso soldi in Italia per decenni per aprire fabbriche all’estero. Un sondaggio di Porta a Porta dice che per il 62% degli italiani il governo non deve aiutare Stellantis. Per Marco Bentivogli, invece, senza sussidi l’auto in Italia finirà come l’acciaio.

"La strada giusta è lo scambio virtuoso: se lo Stato mette a disposizione delle risorse il privato deve metterne di più. Come nella gigafactory di Termoli: il governo metteva 280 milioni di euro, Stellantis e gli altri soci oltre due miliardi. Così come succede in altri paesi, del resto. Il tema è come attirare il privato prima e come vincolarlo alla conservazione dell’occupazione poi. Nei settori industriali è normale che la tecnologia avanzi. Forzare le tempistiche però ha comportato un’accelerazione sul processo che non ha visto pronta la filiera della componentistica e, soprattutto, l’intera Europa, che la microelettronica l’aveva delocalizzata nel Sud-Est asiatico. Oggi un intervento dello Stato ci vuole, ma per facilitare la trasformazione dell’industria. Non per l’assistenzialismo".

L’ex ministro Patrizio Bianchi ha detto a Qn che la risposta non sono i sussidi ma avere manodopera qualificata.

"Il primo problema è che se produciamo cose del passato, rischiamo di perdere quelle future o di doverle acquistare da altri paesi. In questo ambito c’è anche un problema di riqualificazione del personale: se l’auto sarà sempre più elettronica avremo bisogno di maggiori competenze elettroniche rispetto a quelle meccaniche. Se ho lavoratori che producono marmitte devo pensare a trasformare la produzione. La Cina lo ha fatto. Dobbiamo farlo anche noi".