Giorno dopo giorno il reddito di cittadinanza si sta rivelando come uno dei più colossali errori fatti in Italia. Il guaio è che per dieci anni è stato la bandiera, il simbolo, dei 5 stelle e quindi risulta difficile ragionarci sopra con calma. In origine aveva due aspetti, controversi fra di loro. Da un lato spingeva un paese super-indebitato come l’Italia a dare uno stipendio ai suoi cittadini (idea assai bizzarra); dall’altro, però, spiegava anche che questo sarebbe stato collegato a un nuovo lavoro. Progetto curioso perché se il lavoro non c’è, non lo si può certo inventare per legge. Ma comunque il progetto parte. In teoria dovrebbero partecipare 4-5 milioni di persone. Ma, alla fine, risulta che sono meno di un milione quelli che hanno accettato di ricevere (gratis) uno stipendio dallo Stato. E fin qui passi.
Fra le varie clausole ne esiste anche una secondo la quale il percettore del reddito di cittadinanza deve firmare un documento in cui si impegna a accettare un lavoro (fino a tre tentativi), non troppo lontano da casa. E questa è un’altra presa in giro. Se il lavoro non c’è, figurarsi se può esistere «non troppo lontano da casa».
Il pasticcio salta fuori quando si scopre che solo il 5 per cento di quelli che percepiscono il reddito di cittadinanza ha firmato la carta in cui si impegna a accettare un lavoro. Il resto, il 95 per cento, se ne sta a casa. Con la sola differenza che adesso gli arriva, tutti i mesi uno stipendio.
Ma c’è di peggio. La Guardia di Finanza e l’Inps, eseguendo dei controlli, hanno scoperto una serie quasi infinita di abusi. Poiché i malavitosi, ovviamente, non fanno fatture Iva e nemmeno dichiarazione dei redditi, risultano tutti poveri. E, automaticamente, percettori del reddito di cittadinanza. Il presidente della Regione Campania sostiene addirittura che il reddito di cittadinanza, dalle sue parti serve per pagare uno stipendio alla manovalanza della camorra. Forse esagera. Ma è evidente che questa legge è sbagliata e va riscritta.