L’assenza di una visione di medio periodo di questa manovra è evidente. Non c’è una grande riduzione delle tasse, un investimento nell’economia sociale e nemmeno un supporto alle imprese che vogliano investire, delle politiche industriali strutturate a livello europeo. L’unica strada possibile per tornare a essere competitivi è invertire la tendenza.
E la tendenza è negativa, se pensiamo che siamo dinanzi a 21 mesi consecutivi di calo della produzione industriale.
"Appunto. È proprio in questi momenti – sottolinea Simone Gamberini, presidente nazionale di Legacoop, la Lega nazionale delle cooperative e mutue – che bisogna investire. Come può un’impresa spendere denaro, acquistare macchinari, pensare alla transizione, entrare a pieno titolo nell’industria 5.0, dinanzi all’incertezza di ottenere qualche incentivo, un supporto nelle scelte politiche?"
A questo dovrebbe rispondere il governo.
"Però non lo fa. Lei lo sa che abbiamo un handicap rispetto ad altri Paesi?"
Quale?
"Il differenziale energetico. Paghiamo fino al 40% in più l’energia elettrica rispetto ad altri Paesi europei. L’energia è un costo strategicamente molto rilevante, come possiamo pretendere di essere competitivi a queste condizioni?"
Forse chiedendo nuove risorse al governo?
"No, su questo voglio essere chiaro. Noi non chiediamo soldi in un momento così delicato, fra il Patto di stabilità, e la necessità di tagliare e di fare delle scelte che, lo capiamo, non sono semplici. Però nemmeno si possono mettere condizioni così penalizzanti, e sbandierare chissà quali incentivi, come nel caso dell’Ires premiale".
Non pensa possa essere un valido strumento?
"Per avere una riduzione del 4%, occorre che l’impresa reinvesta l’80%, e comunque a questa scelta fa da contraltare la riduzione progressiva della decontribuzione sud e l’abolizione dell’Ace dal 2024 ad esempio".
Lei ha criticato anche la polizza in caso di eventi catastrofici. Non la reputa uno strumento indispensabile?
"Non ci sono dubbi, e le due inondazioni in Romagna dimostrano quanto l’Italia abbia delle criticità per le quali assicurarsi è fondamentale, ma ad oggi ci sono ancora molte imprese che non hanno avuto fondi, e chi non aveva un’assicurazione ha avuto rimborsi parziali. Inoltre è palese che gli aiuti previsti non sono assolutamente sufficienti. Così non si va lontano".
E sul tema welfare e sanità?
"Anche qui c’è un problema enorme nel medio periodo. L’Italia è dinanzi a una tragedia demografica di cui nessuno si occupa".
Siamo il Paese più anziano d’Europa, questo è stato detto più volte, e nel 2050 gli anziani saranno il triplo degli under 14, in un declino che l’Istat ha definito "irreversibile". In che modo il governo dovrebbe occuparsene?
"Certamente non tagliando 3 miliardi nei prossimi 3 anni, agli enti locali e alle regioni. A quel punto, gli amministratori locali che già combattono con l’inflazione, e dunque con l’aumento dei costi delle materie prime, nonché con i sacrosanti aumenti salariali, non potranno migliorare il welfare. Anzi, probabilmente andranno a ridurre ulteriormente i servizi, facendo sì che le famiglie con anziani non autosufficienti debbano spendere i propri soldi per accudirli".