“Da ora bisogna cambiare passo. E’ finita l’epoca delle campagne elettorali che si trasformano in black friday, dove si promette di tutto e di più, come su flat tax e pensioni". Parola di Massimo Bordignon, una cattedra di Scienze delle Finanze all’Università di Firenze e un posto nell’European Fiscal Board della Commissione Ue, che spiega quali possono essere gli effetti sul nostro Paese delle nuove regole del Patto di stabilità e che cosa bisognerebbe fare per evitare guai.
Professore, con la riforma del Patto staremo meglio o peggio?
"Dipende da come interpreteremo le nuove regole. Faranno bene al Paese se saremo capaci di adottare un approccio più razionale e meno emotivo alla politica fiscale. Altrimenti corriamo sicuramente dei rischi. L’idea di fondo è che i Paesi assumono un impegno pluriennale di risanamento dei conti, uscendo dalla logica dei vincoli fissati anno per anno. E portano avanti un programma che va da quattro a sette anni. Naturalmente, per ottenere più tempo e una riduzione del deficit più graduale, dovremo prendere impegni specifici su investimenti e riforme".
D’accordo, ma che fine faranno le promesse lanciate durante la campagna elettorale, a cominciare dal taglio delle tasse?
"I partiti dovrebbero finalmente imparare a non fare campagne elettorali su impegni che non possono mantenere".
Non crede che con la riforma del Patto i margini di manovra per politiche espansive o di spesa si siano drasticamente ridotti?
"In realtà il nuovo Patto è tollerante ma richiede impegni vincolanti. Bisogna avere più capacità di programmazione e spiegare all’opinione pubblica la reale situazione. Insomma, serve una maggiore razionalità".
Più di quella mostrata finora?
"Per la verità il Documento di Economia e Finanza e le politiche messe in atto dal nuovo governo hanno sorpreso positivamente tutti gli osservatori. Sono state tutte improntate a un grado di prudenza superiore alle aspettative. Vedremo se continuerà su questa strada anche nei prossimi mesi".
L’inflazione ha sicuramente semplificato la situazione, con le entrate che sono cresciute e la spesa che è rimasta più o meno ferma. Il problema, però, sono gli investimenti. Il ministro dell’Economia è preoccupato. Avrebbe voluto che almeno quelli del Pnrr uscissero dal perimetro del deficit.
"Comprendo la richiesta italiana di escluderli dalla spesa, ma i margini per fare gli investimenti ci sono. Del resto, non dimentichiamo che la parte del Pnrr a fondo perduto, che vale più o meno il 30% dell’intero programma, già oggi è esclusa dal deficit. Il problema è che ora bisognerà fare delle scelte, dal momento che si carà un vincolo complessivo sulla spesa netta".
Cosa succederà in concreto?
"Finora l’inflazione ci ha aiutato, riducendo il debito e aumentando le entrate. Ma dall’anno prossimo la situazione potrebbe cambiare".
Teme nuovi effetti anche sullo spread? Golman Sachs, ad esempio, già suggerisce di evitare i titoli italiani.
"Si tratta solo di suggerimenti a investire nel breve, nella prospettiva che lo spread possa aumentare nel caso in cui la Bce alzasse ulteriormente i tassi d’interesse. Ma il vero problema che abbiamo di fronte è quello della crescita. Non vedo difficoltà a rispettare le regole del nuovo Patto se l’economia tornerà a correre. E molto dipende da come sapremo utilizzare le risorse del Pnrr".
Risorse che, però, spediamo con il contagocce.
"Mostriamo a Goldman Sachs e alle società di rating che si si sbagliano e portiamo avanti il Pnrr, che ha effetti importanti perché non solo sostiene la domanda ma può migliorare l’offerta. Ci sono infrastrutture fondamentali che vanno realizzate. Pensiamo agli acquedotti. Però è tutto fermo. Forse, sarebbe più opportuno che il governo si concentrasse e affrontasse questi problemi".