Luce verde finale nel Regno Unito al passaggio di Royal Mail, glorioso operatore postale britannico con ben 508 anni di vita alle spalle, in mani straniere. L’ultimo via libera è arrivato dal governo laburista di Keir Starmer, che aveva ereditato il dossier dal precedente esecutivo conservatore di Rishi Sunak; e che ha formalizzato il sì alla cessione di un’ennesimo pezzo di storia del Regno Unito, gigante da tempo in crisi che dà tuttavia ancora lavoro a 153mila dipendenti.
Di fatto, una presa d’atto del placet dato sei mesi fa, con il consenso di massima dell’amministrazione Tory, dal board di International Distributions Services (Ids), casa madre di Royal Mail, all’offerta d’acquisto al rialzo, pari a 5 miliardi di sterline (copertura dei debiti inclusa), messa sul piatto Brexit o non Brexit dal rampante businessman ceco Daniel Kretinsky: miliardario con base in quella che fu l’Europa comunista e interessi ramificati dentro e fuori l’area Ue. La proposta di Kretinsky, titolare di EP Corporate Group, era stata fissata grazie a una quotazione di 370 pence per azione (ossia 3,6 miliardi di sterline - poco più di 4,3 miliardi di euro - al netto del pesante indebitamento attuale,) e giudicata "equa e ragionevole" dal cda il 29 maggio.
Fondate a Londra nel lontano 1516, le Poste Reali hanno cessato d’essere un monopolio statale dal 2006, sullo sfondo di un’ultima fase di privatizzazioni di servizi pubblici completate sotto i governi del New Labour di Tony Blair. Fase sfociata poi, nel 2011, nel passaggio in tasche private del 90% delle azioni.
Alberto Levi