Nessuno metterebbe il vino nuovo nell’otre vecchio, "perché la sua energia lo spaccherebbe facendolo disperdere". La parabola evangelica è presa a prestito per mettere a fuoco e condensare in una formula di plastica evidenza come la rivoluzione dell’Intelligenza artificiale (ma è solo l’ultima, quella più emergente, delle grandi trasformazioni in corso da decenni) cambi radicalmente il contesto delle produzioni in serie e del lavoro omologato e standardizzato. E, dunque, come sia essenziale, per promuovere vitalità economica e sociale, uscire dalla dimensione obsoleta e consumata delle istituzioni e delle regole novecentesche del lavoro.
È questo, in fondo, il senso compiuto e rotondo del nuovo libro di Maurizio Sacconi e Emmanuele Massagli, appunto "Otre nuovo per vino nuovo - Rinnovare le istituzioni del lavoro al tempo dell’AI", edito da Marcianum Press, e realizzato come compendio puntuale e appendice ragionata delle riflessioni sviluppate dai partecipanti al terzo Forum di JobsLab di Alba, creato e promosso da Beppe Garesio, imprenditore illuminato e intellettuale acuto.
Il contesto dell’analisi è quello di un Paese che vive un inverno demografico profondo, nel quale, non solo per quello, si assiste a una grave crisi dell’offerta di lavoro (radiografata in una specifica ricerca curata da Adapt per JobsLab), che determina, anche "per effetto delle gravi insufficienze del sistema educativo e formativo, dell’affievolimento dello spirito di sacrificio e del senso del lavoro nella società", quel mismatch tra competenze richieste e profili professionali disponibili che è caratteristica sempre più diffusa del mercato del lavoro.
I nodi strutturali, del resto, sono individuati da tempo. Quello che mancava e che il saggio di Sacconi e Massagli mette in rilievo è sia l’inquadramento sistemico della strutturalità del conflitto tra regole vecchie e lavoro nuovo sia la sottolineatura del rischio che "l’incontro con l’Intelligenza Artificiale generativa può determinare un pericoloso, ulteriore, rattrappimento perché, a differenza della grande democrazia americana, creativa e concorrente, in Italia si sono progressivamente limitati gli spazi discrezionali delle persone fisiche e giuridiche, come quelli nell’esercizio dei poteri pubblici, nel nome di una malintesa tutela del cittadino in quanto elettore, utente, consumatore, lavoratore". Per non parlare, come puntualizzato dagli autori, del "peso di una giurisprudenza imponderabile, unico luogo della discrezionalità assoluta, che ha indotto comportamenti difensivi in danno delle capacità decisionali".
Da qui, da questo approccio tipico di quella antropologia negativa, che tanti effetti nefasti ha prodotto fino a oggi negli ambiti considerati, possono derivare propensioni a regolazioni invasive nell’impiego delle macchine e alla deresponsabilizzazione dell’uomo: entrambe conseguenze che vanno scongiurate.
Per tutto questo (che non riguarda solo l’AI, come si è visto), serve, dunque, una nuova agenda che, nel solco del riformismo e delle intuizioni di Marco Biagi, solleciti "la determinazione dei decisori istituzionali e sociali di sostituire l’impianto tradizionale che si configura come l’otre vecchio che la parabola evangelica descrive inadatto a contenere il vino nuovo".
Ma quali sono, sia pure per grandi titoli e linee, le azioni per una società vitale e competitiva? E quali quelle per conferire valore al lavoro? Sacconi e Massagli, sulla scorta delle conclusioni del terzo Forum di JobsLab di Alba, individuano 14 iniziative complessive da avviare e perseguire.
In primo luogo c’è il codice delle imprese per il materno (per fermare il declino demografico attraverso la cultura della vita, che sola può condurre alla vitalità economica).
A seguire il patto territoriale per attrarre investimenti nella Zes (connesso al divario Nord Sud), il metodo duale nelle attività educative e formative (per uscire dal sistema corporativo della formazione e connettere scuola e lavoro), il sistema dotale per la pluralità degli intermediari (in maniera da responsabilizzare e incentivare le persone e gli operatori), la riduzione strutturale degli oneri sul lavoro, l’emersione del sommerso, la promozione del lavoro regolare degli immigrati irregolari.
Non basta. L’obiettivo di ridare valore al lavoro in termini di salute, formazione, orientamento ai risultati, dinamismo retributivo, produttività, passa attraverso azioni mirate alla prevenzione olistica dei bisogni di salute (dalla sicurezza formalistica a quella sostanzialistica), o finalizzate al sostegno del diritto-dovere dell’apprendimento perpetuo, alla promozione del lavoro "professionale" per obiettivi, al superamento radicale di ogni forma di reddito di cittadinanza, alla valorizzazione del salario "meritevole" (legato ai risultati) e della sua connessa e agevolata tassazione, come anche attraverso iniziative volte a far crescere il potere d’acquisto con il welfare e i benefit, per arrivare al traguardo della partecipazione dei lavoratori al capitale e agli utili.
Otre nuovo per vino nuovo, dunque, perché, per concludere con Garesio, "solo una comunità caratterizzata da adeguati tassi di natalità e dalla propensione a tutelare la persona in ogni fase della vita può essere economicamente e socialmente vitale".