Domenica 22 Dicembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Economia

Il fisco a caccia di evasori italiani a Dubai

Chiesta alla Germania la lista delle attività italiane negli Emirati Arabi Uniti. I dati erano stati venduti ai tedeschi da un informatore anonimo

Ernesto Maria Ruffini, 52 anni, è direttore dell’Agenzia delle Entrate già ad di Equitalia

Gli evasori fiscali italiani che hanno portato fondi a Dubai farebbero bene a preoccuparsi. L’Italia ha chiesto alla Germania, che li ha acquisiti, i dati dei cittadini italiani contenuti nella cosiddetta “lista Dubai“, un elenco di milioni di operazioni mobiliari e immobiliari e di centinaia di migliaia di conti correnti e altre attività finanziarie detenute da cittadini italiani e stranieri negli Emirati Arabi Uniti. Dell’operazione è incaricata l’Agenzia delle Entrate.

Come già aveva fatto con analoghe operazioni in Svizzera e Liechtenstein, la Germania ha acquisito negli Emirati Arabi Uniti un cd con milioni di dati che era stato proposto alle autorità federali da un anonimo informatore. Il primo contatto è avvenuto a gennaio e già a febbraio l’Ufficio federale delle imposte (BZSt) ha ritenuto che i dati erano genuini e ha trattato l’acquisto per un importo di due milioni di euro. È quindi arrivato il via libero del ministero delle finanze federale e l’operazione si è concretizzata. Il cd è stato consegnato a maggio e nei giorni scorsi è stato girato alle autorità dei Lander tedeschi per procedere alle verifiche caso per caso.

È la prima volta che il ministro delle finanze federale permette deliberatamente l’acquisto di informazioni presumibilmente sottratte illecitamente. "Stiamo usando tutti i mezzi per scoprire i reati fiscali – ha detto il ministro delle finanze tedesco, il socialdemocratico Olaf Scholz – in una nota – e con la nuova serie di dati acquisiti a Dubai stiamo illuminando alcuni angoli bui nei quali si erano rintanati i trasgressori fiscali". Il ministro ha anche detto che la Germania è disponibile a mettere a disposizione dei partner comunitari i dati, e l’Italia sembra interessata. "Sulla lotta all’evasione fiscale, soprattutto internazionale, vanno fatti tutti i passi necessari – ha scritto su Facebook il vice Ministro dell’Economia e delle Finanze, Laura Castelli – ma mentre in Italia gli strumenti ci sono e stanno funzionando sempre meglio, c’è una dimensione estera su cui è necessario rafforzare tutte le azioni utili ad arginare il fenomeno dei paradisi fiscali. Come Italia dobbiamo acquisire velocemente i dati degli italiani che hanno trasferito fondi in altri Paesi. In questo senso mi sono attivata con gli Uffici".

Sulla fruibilità di dati di questo tipo, per far partire un accertamento fiscale sembrano non esserci dubbi. Già nel 2015 la Cassazione stabilì in relazione alla cosiddetta “lista Falciani“ – acquisita dall’ex dipendente Hervé Falciani dalla HCBC di Ginevra e che conteneva i dati di 100 mila contribuenti, tra i quali di 7.500 italiani – che "in tema di accertamento tributario, è legittima l’utilizzazione di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche acquisito in modo irrituale".

La Corte di Cassazione si è più di recente pronunciata nuovamente circa l’utilizzabilità della lista Falciani nella pronuncia n. 111622021, nella quale è stato affermato che, "nell’ambito delle proprie attività di accertamento, l’amministrazione finanziaria può comunque avvalersi di tutti gli elementi che hanno valore indiziario, anche unico, purché la loro inutilizzabilità non discenda da una legge tributaria". E la Corte di Cassazione con la sentenza 7957, depositata il 20 marzo, ha stabilito il raddoppio dei termini di accertamento per i paradisi fiscali. Per chi ha occultato redditi a Dubai, il combinato disposto promette tempesta.