Venerdì 8 Novembre 2024
ANDREA ROPA
Economia

Il 2024 parte col freno a mano tirato. Ma i tassi continuano a scendere

Confindustria rileva una crescita lenta nel primo trimestre. L’Abi: a febbraio mutui casa in calo al 3,90%

Il 2024 parte col freno a mano tirato. Ma i tassi continuano a scendere

Il 2024 parte col freno a mano tirato. Ma i tassi continuano a scendere

Come le navi portacontainer, l’economia italiana ha iniziato il 2024 a rilento. Il freno ai flussi commerciali nel canale di Suez, il petrolio che continua a rincarare, il taglio dei tassi d’interesse rinviato ancora, forse a giugno, sono infatti le cause principali della debolezza del Pil nel primo trimestre dell’anno. Lo rileva Il Centro studi di Confindustria nella sua analisi Congiuntura Flash, secondo cui anche la domanda interna è debole: le vendite al dettaglio a gennaio sono scese (-0,3%) e si registra un lieve calo degli occupati (-0,1%), ma l’andamento di medio termine resta positivo e sostiene i redditi. Dalla revisione Istat la crescita italiana è apparsa più robusta nel 2023 rispetto alle stime precedenti. E se questo è accaduto nonostante la stretta della Bce, e grazie anche al Pnrr, le previsioni sul 2024, finora modeste, non possono che essere più positive, anche perché i tassi sono attesi in calo e il Pnrr in accelerazione.

Secondo Confindustria "l‘economia italiana è sostenuta da inflazione bassa, fiducia delle famiglie in aumento e servizi in crescita, mentre l‘industria sembra stabilizzarsi". Le prospettive dell’export sono incerte, per le difficoltà del trasporto marittimo e i costi. Le tariffe di collegamento da Shanghai a Genova stanno rientrando dal picco di fine gennaio, ma restano molto alte (-30% i primi sette giorni di marzo, dopo un +218% su novembre 2023).

Il quadro a luci e ombre dipinto dagli analisti di viale dell’Astronomia non preoccupa il ministro dell‘Economia, Giancarlo Giorgetti, che parla di "una discreta vitalità" che fa ben sperare. "La nostra economia è cresciuta anche nel 2023, sebbene a un ritmo inferiore – afferma il titolare di via XX settembre – Rafforzare questi elementi di crescita è necessario anche nel prossimo futuro, per affrontare con maggiore fiducia lo scenario di incertezze internazionali e sostenere i segnali positivi del mercato del lavoro". Anche per il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, le prospettive sono rosee: l‘analisi di Confindustria "indica il percorso positivo del sistema produttivo italiano, che troverà nuove significative conferme nei prossimi mesi".

Intanto l’Abi, nel suo rapporto mensile, rileva che "si confermano e rafforzano i segnali di diminuzione dei tassi di mercato": a febbraio, infatti, il tasso medio sui nuovi mutui per le case è diminuito al 3,90%, rispetto al 3,98% di gennaio e al 4,42% di dicembre, mentre il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è sceso al 5,37% dal 5,48% di gennaio e dal 5,45% di dicembre.

In discesa, a febbraio, anche i prestiti a imprese e famiglie (-2,7% rispetto a un anno prima). "Il calo dei volumi di credito – spiega l‘Associazione Bancaria Italiana – è coerente con il rallentamento della crescita economica, che contribuisce a deprimere la domanda di prestiti". Le sofferenze nette, cioè al netto di svalutazioni e accantonamenti già effettuati dalle banche con proprie risorse, a gennaio sono state 17,5 miliardi di euro, contro i 16,7 miliardi di dicembre. Se confrontato con il livello massimo delle sofferenze nette, raggiunto nel novembre 2015 (88,8 miliardi), il calo è di 71,3 miliardi.

Infine la Cgil lancia l’allarme salari: in Italia 5,7 milioni sono sotto gli 11mila euro l’anno. Preoccupante il confronto con gli altri grandi Paesi dell’euro: nel 2022, secondo i dati Ocse, le ore medie lavorate annualmente dai lavoratori dipendenti sono state 1.563, un numero pari a quello della Spagna ma decisamente più alto di quello osservato in Germania (1.295 ore) e in Francia (1.427). Mettendo a confronto le ore lavorate e la quota salari sul Pil, emerge come nel nostro Paese, benché si lavori comparativamente di più, la quota di reddito destinata a remunerare il lavoro dipendente tramite i salari sia notevolmente più bassa, perfino della Spagna.