INTRODOTTA come strumento correlato all’Anticipo volontario (Ape volontario), la Rita (Rendita integrativa temporanea anticipata) è decollata solo quando, dal 2018, ha potuto vivere di vita propria. Ed è diventata così ancora di più un ulteriore fattore o elemento di vantaggio per i lavoratori aderenti a forme di previdenza complementare. Di che cosa si tratta, è presto detto. La Rita è una formula che permette, agli iscritti ai fondi pensione, di ottenere un reddito in attesa di raggiungere i requisiti per il pensionamento pubblico di vecchiaia secondo le regole generali del regime obbligatorio. Il reddito «conquistabile» potrà essere pari o inferiore alla rendita maturata nel fondo pensione complementare di iscrizione. Doveva diventare operativa dal primo maggio del 2017 e durare fino alla fine del 2018 collegata, come era, al prestito pensionistico e all’Ape sociale, ma di fatto, in quella versione, non è mai decollata insieme con il mancato avvio dell’Ape volontario.
LA LEGGE di Bilancio per il 2018 però, ha radicalmente modificato la disciplina dello strumento, rendendolo strutturale e non condizionandolo più all’Ape. E così dal primo gennaio 2018 sono a disposizione degli aderenti ai fondi pensione complementari due tipologie di Rita. La prima è prevista per coloro che cessano dall’attività lavorativa e si trovano nelle condizioni di poter accedere al pensionamento di vecchiaia entro cinque anni dalla cessazione. Non basta: devono anche aver maturato al momento della domanda almeno 20 anni di contributi e avere 5 anni di iscrizione e contribuzione al fondo pensionistico al quale si chiede la Rendita temporanea anticipata. La seconda forma riguarda coloro che cessano dall’attività lavorativa e risultano in disoccupazione per più di 24 mesi. Devono, però, poter raggiungere l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia entro i 10 anni successivi e avere almeno 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari.
LA RITA, così come le altre rendite erogate dalla previdenza complementare, gode di vantaggi fiscali: è previsto, infatti, che la parte imponibile della prestazione anticipata sia soggetta a una tassazione con la ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15 per cento ridotta dello 0,3% per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari (fino al limite inferiore del 9 per cento). Vale la pena di rammentare, però, che la Rita, una volta chiesta e ottenuta, determina una riduzione della prestazione che il lavoratore potrà avere al momento del pensionamento ordinario. E, d’altra parte, il perché è semplice: se si prende in anticipo il capitale accumulato nel fondo pensione complementare, non può che ridursi in termini proporzionali la rendita spettante al momento della maturazione della pensione pubblica.
* Avvocato, direttore generale
Fondo Fon.Te.