Flessibilità in uscita, che comprende anche il sistema di calcolo e la differenziazione dell’età pensionabile in relazione alla gravosità dei lavori. Giovani precari e donne. Previdenza complementare. Sono i tre tavoli tecnici che il governo aprirà con i sindacati sulle pensioni, attraverso un serrato calendario di incontri che verrà fissato oggi. La riapertura del cantiere pensioni dopo una decina di anni dalla riforma Fornero vede di nuovo i tre grandi sindacati uniti, dopo lo sciopero contro la manovra di Cgil e Uil e la successiva manifestazione della Cisl, a trattare punto per punto il nuovo corso. Il premier Mario Draghi non pronuncia una sillaba sulle mobilitazioni, ma fissa un paletto invalicabile: "Qualsiasi modifica non deve mettere a repentaglio la sostenibilità nel medio e lungo periodo e deve essere all’interno del contesto europeo". Tradotto: inevitabile il conteggio esclusivamente contributivo. "Si va in pensione con quanto si è versato", insiste il premier.
Salvo il Superbonus (ma a tempo). Bollette a rate e taglio dell’Irpef
Soddisfatte Cgil, Cisl e Uil, con Maurizio Landini che sintetizza: "Siamo di fronte a una dichiarazione ufficiale sulla disponibilità del governo a fare una discussione sulla riforma della legge Fornero, cosa che non era mai avvenuta in questi anni". Ma restano parecchi rebus da risolvere. Landini chiede "flessibilità in uscita", ad esempio da 62 anni di età o da 41 anni di contributi. Ci sono situazioni diverse: "Ad esempio nella manovra – nota il leader Cgil – non ci sono i cosiddetti precoci per lavori gravosi". Bombardieri punta il dito su manovra e delocalizzazioni: "La risposta è tenue e non è il massimo". Luigi Sbarra, numero uno della Cisl, sottolinea che "la Fornero ha fatto risparmiare 80 miliardi. Vanno raggiunte soluzioni condivise. La previdenza non è un privilegio ma un diritto".
Ma quali sono le ipotesi che verosimilmente diventeranno realtà? In primo piano resta per Draghi l’Opzione Tutti o Opzione Nannicini: uscita flessibile per tutti a partire dai 63-64 anni con il calcolo interamente contributivo dell’assegno e dunque una forte penalizzazione. Questa formula può consentire quella flessibilità strutturale che superi il meccanismo delle Quote, discriminante per donne e giovani. Il sindacato ci pensa, perché, in realtà, già oggi il calcolo contributivo riguarda tutti coloro che hanno cominciato a lavorare dal 1996 in avanti, mentre anche quelli delle classi precedenti o hanno il retributivo solo per gli anni precedenti al 1995 (coloro che avevano meno di 18 anni di attività in quell’anno) o (circa 300mila in tutto), lo hanno fino al 2011. Come dire: il ricalcolo fa sempre meno male.
A quel punto, la riforma, sulla scorta del progetto Nannicini, potrebbe risolvere anche due altri nodi: quello dei lavoratori fragili, con la stabilizzazione dell’Ape sociale per gravosi, disoccupati, invalidi e coloro che assistono i disabili. E quello dei giovani precari: con la previsione di una pensione di garanzia, per coloro che non lo dovessero raggiungere. Insomma, il pacchetto strutturale esiste. Se c’è la volontà politica potrebbe diventare la soluzione di medio periodo che mette al riparo da interventi spot.