Mercoledì 8 Gennaio 2025
CLARA LATORRACA
Economia

Perché Trump vuole la Groenlandia e cosa c’entra il cambiamento climatico

Non è la prima volta che gli Usa cercano di ottenere il controllo dell'isola, che vanta una posizione strategica. Il suo territorio è ricco di materie prime critiche, materiali rari e preziosi, sempre più a portata di mano a causa del riscaldamento globale

Roma, 7 gennaio 2024 - L’idea di comprare la Groenlandia, per quanto possa suonare strana, non è una proposta nuova per Donald Trump: ne aveva già parlato nel 2019, durante la sua prima presidenza. E non è nemmeno la prima volta nella storia che gli Usa cercano di acquistare l’isola: dopo la Seconda Guerra Mondiale, Washington offrì 100 milioni di dollari alla Danimarca per ottenere il controllo dell’isola. Ma perché questo territorio, a prima vista glaciale e ostile, attrae tanto interesse?

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Il cambiamento climatico in Groenlandia ha aperto la strada a una caccia alle risorse che questa terra custodisce sotto strati di ghiaccio (Ansa)

La posizione strategica

La ragione ‘ufficiale’ per cui Trump vuole comprare la Groenlandia, secondo quanto scritto dal presidente eletto sul suo social network Truth, è “per scopi di sicurezza nazionale e libertà”. Nel 2019 il tycoon definì l’acquisto dell’isola “essenzialmente un grande affare immobiliare”. Oggi, in una conferenza stampa a Mar-a-Lago, ha ammesso che “gli Usa ne hanno bisogno per la loro economia”.  L’importanza della Groenlandia a livello geopolitico e strategico sta divenendo sempre più prominente per la sua posizione: l’isola – amministrata dalla Danimarca  e sede della base spaziale Pituffik, di proprietà degli Usa  – rappresenta una “porta” sull’Artico, area su cui stanno posando gli occhi anche Russia e Cina per ampliare la propria sfera di influenza. Inoltre, a seguito dello scioglimento dei ghiacciai, la Groenlandia sta diventando uno snodo del traffico navale nel Nord Atlantico.

Un territorio ricco di materie prime

C’è un’altra ragione per cui il territorio artico è così ambito: l’isola è infatti estremamente ricca delle cosiddette materie prime critiche, ovvero di un gruppo di materiali rari, necessari per il settore tecnologico, che hanno un ruolo fondamentale nel settore tecnologico perché necessari nella costruzione di microchip e di componenti di vario genere. Si tratta di materiali di grande importanza per la transizione energetica e per l’ambito militare. Al momento, il Paese che a livello mondiale esporta la maggior parte dei metalli rari è la Cina, che mantiene una sorta di monopolio nel settore. Costruire un’indipendenza in questo senso dal gigante asiatico è uno degli obiettivi dei governi e delle aziende occidentali, che da anni stanno cercando siti alternativi per l’estrazione delle materie prime critiche.

Quali sono i materiali ‘critici’

Secondo il The Economist, la Groenlandia ospita ben 30 delle materie prime più desiderate al mondo e ben 43 dei 50 ‘minerali critici’ presenti nell’elenco stilato dal governo statunitense. Esempi di questi minerali sono il molibdeno, che rafforza l’acciaio e viene usato ad esempio nei parchi eolici, il terbio, componenti dei serbatoi di carburante, e il rame, il cui utilizzo spazia dai cavi elettrici ai chip utilizzati nelle AI. Ma sono presenti anche materiali come carbone, zinco, diamanti, petrolio. Bisogna sottolineare che solo una parte dell’intero territorio della Groenlandia è stato esplorato, dal momento che buona parte dell’isola è coperta dal ghiaccio. Tuttavia, il riscaldamento climatico e il sempre maggiore bisogno di queste materie prime stanno cambiando questa situazione. Per quanto riguarda l’estrazione di petrolio, ad esempio, negli ultimi 10 anni si è passati da 12 siti estrattivi a 177.

Di chi è la Groenlandia?

Il territorio della Groenlandia è parte della Danimarca: il legame tra i due Paesi risale al 1700, quando i danesi hanno iniziato a colonizzare l’isola. Oggi la Groenlandia - che ospita circa 60mila persone, la maggior parte appartenenti alla popolazione Inuit - ha dei rappresentati nel parlamento danese e un governo locale, che nel corso degli ultimi decenni sta ottenendo sempre maggiore autonomia nella gestione degli affari interni. Tuttavia, lo Stato scandinavo continua a controllare le sue relazioni internazionali.