Giovedì 12 Settembre 2024

Bce: in Italia forte calo dello spread per il cambio di governo

Ma nel nostro Paese la terza peggior frenata della produzione industriale dell'Eurozona. S&P: nel 2020 la crescita rallenta a +1,1%

La sede della Banca centrale europea a Francoforte

La sede della Banca centrale europea a Francoforte

Roma, 26 settembre 2019 - Numeri in chiaroscuro per l'Italia dalla Banca centrale europea. Il nostro Paese, fra il 6 giugno e l'11 settembre 2019, è stato l'unico dell'euro a registrare un forte calo dello spread, coinciso con il cambio di governo. Secondo la Bce "i differenziali sulle obbligazioni sovrane (rispetto al tasso OIS privo di rischio, ndr) sono rimasti ampiamente stabili durante il periodo in esame, con l'eccezione del mercato italiano, dove i differenziali di rendimento a dieci anni sono scesi di 1,1 punti percentuali, in seguito alle attese e alla successiva formazione di un nuovo governo".

Produzione industriale: in Italia il terzo peggior calo

L'istituto di Francoforte sottolinea però come la produzione industriale fra gennaio 2018 e giugno 2019 abbia segnato le flessioni maggiori in Germania, Olanda e Italia. In Germania la diminuzione è di 10,9 punti percentuali, nei Paesi Bassi 5,7 punti e in Italia 5,5 punti. La Bce nota come tale calo "sembra essere stato trainato sia dall'inasprimento delle tensioni commerciali a livello mondiale, sia dagli andamenti interni". L'istituto di Francoforte rileva anche che "la marcata debolezza dell'attività manifatturiera potrebbe riflettersi su alcune sotto-componenti dei servizi, ma nel complesso il terziario resiste allo shock negativo. È pertanto necessario un attento monitoraggio delle impossibili implicazioni per questo settore".

Rischi per la crescita dell'Eurozona

Nel bollettino economico, citando esplicitamente la Brexit, la Bce spiega anche che i rischi per le prospettive di crescita dell'Eurozona sono "orientati al ribasso" e "sono legati alle incertezze connesse a fattori geopolitici, alla crescente minaccia del protezionismo e alla vulnerabilità dei mercati emergenti". Questi rischi sono uno dei fattori che hanno spinto la Bce a varare il nuovo pacchetto di stimolo monetario, allo scopo di sostenere la crescita e le pressioni al rialzo sui prezzi per portare l'inflazione vicino al 2%.  

"Governi con margine intervengano subito"

E nel bollettino viene ribadito l'appello lanciato da Draghi l'altro giorno: "I governi interessati da un rallentamento economico che dispongono di margini per interventi di bilancio dovrebbero agire in maniera efficace e tempestiva". L'appello - che chiama in causa direttamente la Germania - avverte invece i Paesi con alto debito pubblico come l'Italia: "Devono perseguire politiche prudenti e adoperarsi per il conseguimento degli obiettivi in termini di saldo strutturale".

Pil Eurozona +1,1% nel 2019, +1,2 nel 2020

Le proiezioni degli esperti della Bce indicano una crescita sui dodici mesi del Pil dell'Eurozona in termini reali dell'1,1 per cento nel 2019, dell'1,2 nel 2020 e dell'1,4 nel 2021. Rispetto all'esercizio condotto dagli esperti dell'Eurosistema a giugno 2019, le prospettive per l'espansione del Pil in termini reali sono state riviste al ribasso per il 2019 e il 2020. 

La previsione di crescita di Standard & Poors

Secondo la previsione dell'agenzia Standard & Poors nel 2020 l'economia dell'eurozona rallenterà ulteriormente con una crescita dell'1,1%, inferiore al +1,2% stimato per l'anno in corso, a causa di una domanda esterna più debole per la quale ancora non si intravvede alcun "rimbalzo". In un rapporto S&P stima la crescita del commercio globale intorno allo zero, alla luce di tensioni commerciali persistenti e di una crescita del Pil cinese che dovrebbe rallentare al di sotto di un 6% annuo. Il pilastro principale della crescita della zona euro dovrebbero restare i consumi, grazie al buon andamento dei mercati del lavoro e alla crescita dei salari. La Germania - sottolinea S&P - rimane l'economia più colpita dal crollo del commercio mondiale a causa della sua elevata dipendenza dalle esportazioni mentre Francia e Spagna hanno mostrato una certa resilienza "dal momento che la riduzione degli scambi le riguarda principalmente attraverso il rallentamento della crescita dei loro grandi partner commerciali dell'Eurozona".