Roma, 3 ottobre 2024 – Quella che Giancarlo Giorgetti tira, approfittando dell’intervista a Bloomberg, è una vera e propria bomba. L’immediata discesa a precipizio delle borse sta lì a confermarlo. Come lo stupore della premier non solo per i tempi (a mercati aperti) ma anche per i modi. Stavolta il ministro dell’Economia evita le abituali reticenze e va giù piatto: "Ci apprestiamo ad approvare una manovra che richiederà sacrifici da tutti: lo impone la marcia forzata verso il rientro del parametro del 3% sul deficit in sette anni. Sarà uno sforzo che l’intero paese deve sostenere; individui, ma anche società piccole, medie, grandi e la Pubblica amministrazione”. Ciò che intende dire è un rebus: non si tratta di un’operazione sugli extraprofitti delle banche, già tentata senza successo anche per la contrarietà di Forza Italia. A indicare la strada per Giorgetti è la Costituzione, e cita l’articolo 53: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”.
Il titolare del Mef sembra alludere a quella che per il centrodestra è una bestemmia: una tassazione progressiva. Corre a gettare acqua sul fuoco il viceministro leghista Freni: “Non si parla di nuove tasse, non sono nel nostro dna”. E mentre i meloniani definiscono una “forzatura” certe interpretazioni, nel centrodestra c’è chi avverte: “Di tasse meglio non parlare mai”. Ora: un’idea chiara sin nei dettagli ancora il Mef non ce l’ha, è però consapevole di non potercela fare solo con il taglio delle spese. Servono nuove entrate e una nuova entrata, comunque la si chiami, sempre imposta è. Quello a cui pensa il governo, per il momento, è un contribuito di solidarietà non limitato agli extra profitti ma calibrato “sull’entità dei profitti e dei redditi”. Dal Mef spiegano che si chiederà uno sforzo alle imprese più grandi che operano in settori in cui l’utile ha beneficiato di condizioni favorevoli esterne. Si parla di banche: “Un loro contributo spontaneo farebbe bene”, dice Matteo Salvini. Nel mirino pure assicurazioni, difesa ed energia.
Non finisce qui: La questione della tassa sui profitti si intreccia con la bufera scatenata dal possibile aumento delle accise sul gasolio. Una tempesta in un bicchier d’acqua, assicurano all’unisono Chigi e Mef: il governo, in linea con il Pnrr e le raccomandazioni Ue, deve adottare misure per ridurre i sussidi ambientali dannosi (Sad) “e in questo contesto rientrano le minori accise che gravano sul gasolio rispetto a quelle sulla benzina”. In ogni caso, “non si tratterebbe di un aumento ma di una rimodulazione”. La soluzione che si fa strada è mantenere il totale delle accise per litro invariato, alzando un po’ quello sul gasolio e abbassando un po’ quella sulla benzina.
Ma il livello della polemica resta altissimo: di fronte al passaggio del piano strutturale di Bilancio che indica, nell’ambito del riordino delle tax expenditures “l’allineamento delle accise” si scatena l’ira di autotrasportatori e consumatori contro il “salasso” del governo. Scende in campo l’opposizione che rilancia un video del 2019, durante la campagna elettorale, in cui Giorgia Meloni pretendeva che le accise venissero “progressivamente abolite”. Ora, riassume gli umori Elly Schlein, “spieghi il motivo per cui ha deciso di aumentarle per fare cassa sulle tasche delle famiglie e delle imprese”.
L’assalto della leader democratica è nell’ordine delle cose, anche se, fa notare qualche parlamentare della maggioranza, "molti tra gli emendamenti presentati dal Pd alla manovra lo scorso anno prevedevano come copertura una riduzione delle Sad, al cui interno c’è anche un aumento delle accise”. Ma questo è il “teatrino della politica”. Resta il fatto che per la maggioranza il guaio è grosso: se c’è una cosa che gli elettori non sopportano è l’aumento della benzina. Di qui i messaggi tranquillizzanti lanciati dal centrodestra. Ma il quadro indicato da Giorgetti è chiaro. Nei prossimi anni l’Italia dovrà affrontare uno sforzo eccezionale e non potrà che essere doloroso.