Roma, 14 luglio 2023 – Il nuovo Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) è appena stato trasmesso a Bruxelles. In attesa della risposta dell’UE, gli aspetti apparentemente contraddittori che più risaltano nella proposta sono sia la conferma, se non l’incremento, degli obiettivi di crescita delle fonti rinnovabili sia, al tempo stesso, un importante focus sull’approvvigionamento di gas, che prevede importanti incrementi: “Il sistema gas gioca un ruolo indispensabile per il sistema energetico nazionale, in quanto è essenziale per sostenere la coerenza tra lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile e la copertura della domanda di energia specialmente durante i periodi di picco di domanda e quando i livelli di produzione delle fonti rinnovabili sono bassi”. Passaggio, questo, che certifica la maturazione di una consapevolezza: il gas non è una risorsa a cui possiamo rinunciare. Non ci sono rinnovabili senza gas e non si può sostituire il gas con le rinnovabili, almeno in questa fase, come invece parrebbe possibile secondo i piani del RepowerEU.
A fronte di fonti intermittenti di energia (le rinnovabili, appunto) si rende necessaria la presenza di fonti programmabili e l’unica disponibile nel breve termine è il gas. In ogni momento della giornata, infatti, tutta l’energia elettrica prodotta che viene immessa nella rete elettrica deve essere prelevata, o in altre parole consumata, da qualcuno. Uno squilibrio tra immissione e prelievo porterebbe a una variazione della tensione di rete e quindi al black-out. Le due “quantità”, immissione e consumo, devono muoversi insieme dunque, ed è per questo che è necessario un soggetto responsabile del bilanciamento della rete (in Italia, Terna SpA). Mestiere non semplice se si considera che occorre fare i conti con una inesauribile dose di imprevedibilità: chi consumerà, quanto consumerà, a che ora...
Con l’avvento delle rinnovabili – del solare e dell’eolico, per lo più – che sono fonti non programmabili (non si produce energia se il sole non splende o se il vento non soffia), è chiaro che il bilanciamento diventa un affare sempre più arduo. Se poi a questo si aggiunge la scelta strategica di abbandonare il carbone e di non utilizzare il nucleare, l’unica fonte di energia programmabile a disposizione nel breve termine è, appunto, il gas: oggi in Italia, circa il 60% dell’energia elettrica viene prodotta bruciando gas, come oramai sanno tutti.
Uno strumento che potrebbe mitigare il problema è la possibilità tecnologica di accumulare ed immagazzinare l’energia prodotta dalle fonti rinnovabili: le batterie potrebbero potenzialmente sostituire le tecnologie tradizionali a combustibili fossili per la generazione poiché renderebbero programmabile ciò che ad oggi non è, attingendo all’energia accumulata nel momento del bisogno. Ad oggi la tecnologia delle batterie è progredita in modo molto importante, ma risulta ancora estremamente costosa. Inoltre, in alcuni settori economici non è detto, a meno di rivoluzioni tecnologiche delle quali non si hanno segnali, che risulterà mai economica o addirittura fattibile: pensiamo ad esempio al trasporto navale o all’industria pesante.
Ecco allora spiegato sia il bisogno di sostituire, ma non di eliminare, l’intero flusso di gas che proveniva dalla Russia in approvvigionamento, sia anche il bisogno di ampliare e ammodernare la rete di trasporto gas: “per far fronte alle esigenze di ammodernamento della rete di trasporto e garantire una rete più efficiente, resiliente e sicura nel prossimo futura, è pianificata la sostituzione di metanodotti ormai giunti alla fine della loro vita utile”.
Ma mentre il tema delle infrastrutture, per quanto costoso e ingombrante, dipende in buona sostanza “solo” dalla nostra capacità e volontà di realizzazione, il tema dell’approvvigionamento di gas è più difficile da governare, non tanto rispetto ai volumi attesi, ma soprattutto rispetto ai prezzi ai quali dovremo acquistarlo. Molte, a riguardo, sono infatti le variabili esogene a cui siamo esposti:
1) il prezzo del GNL proveniente da Egitto, Congo, Qatar e Angola (complessivamente +10 miliardi di metri cubi attesi al 2025, oltre ai flussi già oggi provenienti dagli USA) sarà soggetto anche alla domanda di altri paesi; come abbiamo già visto in piena crisi energetica, infatti, i paesi energivori asiatici possono innescare un meccanismo “ad asta”, data la possibilità per i fornitori via nave di poter scegliere destinazione in base alla migliore offerta;
2) più in generale, la stabilità dei paesi coi quali si sono stretti gli accordi (Algeria e Azerbaijan via tubo, oltre a quelli per il GNL) non è garantita nel medio periodo;
3) infine, rimane sempre la “prova” delle temperature, soprattutto quelle invernali, che rimangono un elemento imprevedibile e assolutamente condizionante.
Alla luce di queste considerazioni, dunque, il PNIEC appare un salutare bagno di umiltà, a fronte delle facili promesse green, e che delinea una transizione meno ideologica e più realistica, e che quindi è ancora tutta da scrivere.
* vicepresidente Aiget