Roma, 28 agosto 2023 – La transizione energetica resterebbe un’utopia se si trascurasse il ruolo di primo piano giocato dal gigante cinese. Non è una provocazione, ma la realtà con cui tutto il mondo dovrà, prima o poi, fare i conti: le filiere ‘green’ sono quasi completamente ‘made in China’. Dalle materie prime alla componentistica, negli anni Pechino è riuscita a ritagliarsi una posizione di controllo, che diviene monopolio assoluto nel settore del solare fotovoltaico. Un presidio che il Dragone si sta preoccupando di rafforzare ulteriormente, proprio mentre in Europa e negli Usa si moltiplicano gli sforzi per guadagnare maggiore autosufficienza, con programmi mirati e incentivi destinati a questo e ad altri settori ritenuti strategici.
Il primato cinese
Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) la Repubblica popolare cinese, nel solo 2022, ha quasi raddoppiato la capacità di produzione di silicio policristallino, materiale usato nella maggior parte dei pannelli solari, in cui era già arrivata a dominare l’offerta globale con una quota del 70%. Ora tale quota sfiorerebbe il 90%. Nello stesso periodo di tempo gli stabilimenti cinesi che realizzano celle fotovoltaiche e wafer di silicio hanno incrementato la propria capacità produttiva di circa il 50%. I wafer di silicio non sono altro che sottili lastre, ricavate dai lingotti di silicio raffinato: utilizzate anche nel settore dei microchip, per quello dei pannelli solari devono raggiungere un livello di purezza ben più elevato. In questo segmento la Cina opera già da qualche anno in condizioni di monopolio, mentre gli altri produttori – un tempo presenti anche in Italia – hanno dovuto arrendersi, l’uno dopo l’altro. Nel solare è "made in China” addirittura il 97% dei wafer utilizzati nel mondo, stima il dipartimento dell’Energia statunitense, riconoscendo una dipendenza difficile da attenuare: attualmente gli Usa non sono provvisti di alcuna capacità di produzione attiva né per i lingotti né per i wafer né per le celle di silicio. Questa drammatica carenza sta già provocando, ammette lo stesso Dipartimento, interruzioni nella catena di approvvigionamento. Va un po’ meglio in Europa: in Norvegia (Paese non Ue) sopravvivono infatti due produttori, Norsun e Norwegian Crystal, ma le due società, con una capacità complessiva di circa 1 gw, sono infinitamente piccole rispetto ai colossi cinesi.
Un divario “impossibile da recuperare"
All’inizio degli anni Duemila c’erano ancora sette fornitori, dislocati fra Europa, Stati Uniti e Giappone, a spartirsi il mercato globale. Uno di questi era la Memc, che nel 2011 ha fermato l’attività nella fabbrica italiana di Merano e nel 2015 ha fatto lo stesso negli Usa. Alcuni produttori di wafer in silicio hanno ripiegato sul settore dei microchip; molti altri hanno chiuso i battenti (gli Usa hanno perso l’ultimo fornitore locale nel 2016), messi a dura prova soprattutto dalla concorrenza low cost dei cinesi, che si stima abbiano investito almeno 50 miliardi di dollari dal 2011 nell’industria del solare, con l’obiettivo di ottenere enormi economie di scala e integrare il più possibile i diversi anelli della filiera produttiva. Un fenomeno che ha contribuito, va detto, a ridurre vertiginosamente il costo degli impianti, accelerando, così, la diffusione delle rinnovabili nel mondo. La filiera del fotovoltaico in Cina continua a essere potenziata in modo così rapido da travolgere ogni possibilità di competizione. Lo stesso direttore dell’Aie, Fatih Birol, ha recentemente sconsigliato di disperdere risorse rincorrendo Pechino nel solare, poiché non esistono più chance di recuperare. Meglio preoccuparsi di altre sfide, evitando di replicare la situazione in altre filiere fondamentali per la decarbonizzazione: le batterie, l’auto elettrica, l’energia eolica e l’industria nascente dell’idrogeno.
Ascesa inarrestabile
Salutata con entusiasmo dai fautori dell’autosufficienza delle filiere, la Gigafactory 3Sun, maxi fabbrica di pannelli dell’Enel a Catania, punta a una capacità di 3GW entro il 2025. La Cina, dal canto suo, realizza impianti di taglia almeno tripla e l’anno scorso ha esportato celle per 23,8 gw e wafer per 36,3 gw, con un aumento rispettivamente del 131% e del 61% dal 2021, secondo dati dell’associazione nazionale dei produttori. L’ascesa senza freni del solare sembra sfuggire allo stesso controllo del presidente Xi Jinping: l’Aie prevede che la filiera del solare in Cina raddoppierà ancora la capacità entro il 2024, pur essendo già sovradimensionata rispetto all’intera domanda globale. Gli impianti oggi funzionano al 20-40% delle potenzialità e la concorrenza si è fatta sempre più agguerrita anche tra i produttori locali, alcuni dei quali sono stati costretti a tagliare, negli ultimi mesi, i prezzi dei wafer di silicio.