Lunedì 25 Novembre 2024
LUCA RAVAGLIA
Economia

Flat tax: come il governo Meloni punta alla revisione di scaglioni Irpef e aliquote

L’intento è quello di conservare alcuni punti fermi che possano garantire il principio della progressività anche nell’ambito della tassa piatta

Un modello F24

Un modello F24

Roma, 8 agosto 2023 – Il primo passo verso il nuovo fisco italiano è stato mosso col disegno di legge appena approvato dal Parlamento. La strada sulla quale intende muoversi il governo Meloni è quella che porta a un sistema di flat tax universale, la ‘tassa piatta’ attualmente riservata al mondo delle partite Iva e alla quale l’esecutivo intende arrivare progressivamente con l’intento di ridurre il monte imposte a carico delle persone fisiche.

L’obiettivo da raggiungere

Per raggiungere il nuovo assetto servirà prima di tutto passare dalla revisione degli scaglioni e delle aliquote d’imposta, attraverso una riorganizzazione dell’attuale ginepraio fatto di deduzioni, detrazioni e sconti vari che i contribuenti possono far valere al momento della presentazione della loro dichiarazione dei redditi, abbassando così l’imponibile sul quale viene calcolato il prelievo fiscale.

La riduzione degli scaglioni Irpef

Lo suggerisce anche il nome: per raggiungere la ‘tassa piatta’ serve livellare l’attuale saliscendi alimentato dai diversi scaglioni Irpef, che al momento sono 4 (23%, 25%, 35% e 43%) e che dovrebbero passare a tre. Già sono state ridotte le aliquote applicabili ai redditi compresi tra i 15.000 e i 50.000 euro. Non sarà in ogni caso il primo passo, visto che il governo Draghi aveva già provveduto a una ‘sforbiciata’ da 5 a 4, abbinata a una riduzione delle percentuali previste nel secondo e terzo scaglione.

L’impatto di detrazioni e riduzioni

L’intento è quello di conservare alcuni punti fermi che possano garantire il principio della progressività anche nell’ambito della tassa piatta. La soluzione più stringente potrebbe essere quella legata agli sgravi, connessi ai costi riconducibili al mantenimento dei figli, al sostengo alla disabilità, alla tutela della salute, alla garanzia dell’istruzione, all’ammortamento dei costi legati alla casa o di quelli che fanno riferimento alla previdenza complementare o alle coperture assicurative.

Il rischio disparità

Gli interventi sui pilastri fiscali sono una costante – più o meno marcata – di ogni governo, che nel corso dei decenni hanno portato a un sistema di scatole cinesi che da una parte hanno progressivamente eroso l’equità del sistema attraverso l’istituzione di regimi sostitutivi agevolati pensati prima per a vantaggio di una e poi dell’altra categoria, e dall’altra hanno portato all’ampliamento della forbice che separa la tassazione sul reddito da lavoro dipendente da tutte le altre tipologie.

Detrazione dei costi anche per i dipendenti?

Prima di arrivare alla flat tax, servirà dunque ‘pareggiare’ il quadro di partenza. Come? Sulla risposta a questa domanda si giocherà probabilmente l’efficacia del progetto. E in quest’ottica rientra quella che potrebbe essere una vera rivoluzione del sistema: la possibilità, anche da parte dei lavoratori dipendenti, di dedurre le spese sostenute per produrre reddito.

Il problema delle coperture

La coperta che deve servire a inglobare l’interezza dei conti pubblici in ogni caso è unica e, come capita sempre quando si parla di risorse, è corta. Il nocciolo della questione riguarda l’entità delle risorse che saranno necessarie a effettuare questo tipo di manovra che è decisamente importante. Il metro di paragone più rilevante riguarda l’intervento effettuato dal governo Draghi, che è stato di portata decisamente inferiore rispetto a quello nel mirino del governo Meloni e che pure ha visto l’impegno di 8 miliardi di euro.