Roma, 16 gennaio 2023 - Nonostante l’innalzamento delle soglie di reddito per accedere alla flat tax, le partite Iva continuano a pagare più tasse dei dipendenti. Solo nella fascia tra i 60mila e 65mila euro di ricavi, gli autonomi pagano meno.
A dirlo è la Cgia di Mestre che ha realizzato una serie di simulazioni sulla misura bandiera del centrodestra. Il risultato è che, tra i 10mila di reddito fino a 55mila euro, gli autonomi pagano sempre molto più di impiegati e operai, con punte tra i 3.760 e i 3.875 euro all’anno nella fascia di reddito tra i 25 e i 30 mila euro, prelievo aggiuntivo che sale attorno ai 4.200 euro con redditi tra i 15 e i 20 mila euro.
Come detto, la situazione cambia a partire dai 60mila euro di reddito. In questo caso gli autonomi con flat tax subiranno nel 2023 un prelievo fiscale annuo inferiore ai dipendenti di 640 euro. Se la comparazione avviene con un reddito da 65mila, il vantaggio sale a 1.285 euro.
La simulazione realizzata dalla Cgia tra queste due categorie professionali si ferma sulla soglia di reddito pari a 65mila euro. Se il confronto viene fatto tra dipendenti e i lavoratori autonomi soggetti al regime ordinario e quindi non alla flat tax, la situazione è ancora più sfavorevole alle partite Iva. Il maggior prelievo in capo agli autonomi aumenta infatti a dismisura, con punte, tra i 60 e i 65mila euro di reddito, di oltre 6mila euro all’anno.
Ma quanti sono i contribuenti interessati dall’estensione della flat tax da 65mila a 85mila euro? Non tantissimi. Per la Cgia, tra artigiani, commercianti, liberi professionisti, consulenti, micro imprenditori, i potenziali beneficiari sono massimo 140mila, pari al 4,2% del numero totale di autonomi che ricadono, al momento, al di fuori della tassa piatta.
Ovviamente, gli effettivi saranno di meno: ci sono infatti una serie di paletti che devono essere rispettati. Oltre al limite di 85mila euro di ricavi annui, per beneficiare della flat tax il titolare della partita Iva non deve aver sostenuto spese per lavoro dipendente, accessorio o di collaborazione superiori a 20 mila euro.
Vista l’esiguità della platea, anche il costo per le casse dello Stato sarà contenuto. Secondo i dati delle dichiarazioni dei redditi 2021 (anno di imposta 2020), i contribuenti in regime forfetario ammontano a poco meno di 1.728.000, mentre stando alla Relazione tecnica allegata alla legge di Bilancio 2023, l’ampliamento delle soglie di ricavi/compensi per accedere alla flat tax previsto dal Governo Meloni comporterà un esborso di 404 milioni di euro all’anno. Per la Cgia, le accuse al governo da parte delle opposizione sono "tanto rumore per nulla".
"Non solo perché nonostante la flat tax gli autonomi pagano più tasse dei dipendenti, ma anche perché la nuova versione per l’anno 2023 potrebbe interessare al massimo solo 140mila partite Iva” si legge nello studio dell’associazione. Questo mentre pure l’obiezione secondo cui il regime fiscale non progressivo previsto per gli autonomi non rispetterebbe il dettato costituzionale cade, in parte, nel vuoto.
Infatti, scrive la Cgia, "chi esercita un’attività di impresa e di lavoro autonomo si trova in una situazione completamente diversa dai lavoratori subordinati". La giustificazione della flat tax risiede quindi in questa differenza tra le due categorie di contribuenti. "La fiscalità di vantaggio che interessa una parte delle partite Iva" prosegue la Cgia "è ascrivibile al fatto che questi lavoratori sono più fragili degli altri. Hanno pochissime tutele: rispetto ai lavoratori dipendenti, ad esempio, non dispongono di malattia, ferie, permessi, Tfr e tredicesime/quattordicesime. In caso di difficoltà momentanea non dispongono né di cassa integrazione né, in caso di perdita del posto di lavoro, di NASPI".