Diventa sempre più forte il pressing per una proroga del passaggio di luce e gas dal mercato tutelato a quello libero. "Il nostro obiettivo deve essere quello dell’indipendenza energetica", ha spiegato il leader di FI, Antonio Tajani, durante una riunione convocata proprio per fare il punto sul nodo delle bollette. Del resto il coro per evitare un passaggio troppo traumatico al mercato libero è bipartisan, con un fronte che parte dal Pd e arriva alla Lega e ai sindacati. Da Bruxelles, però, si continua a insistere su un tasto: la liberalizzazione dell’energia è contenuta nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il problema, però, non è quello di disattendere un impegno assunto con la Commissione europea. I nodi da sciogliere riguardano i tempi e i modi del passaggio che rischiano di creare difficoltà per oltre 9 milioni di famiglie, una platea potenziale di circa 15 milioni di italiani.
Non a caso le associazioni dei consumatori sono in allarme. Anche considerando il difficile contesto economico e le tensioni internazionali che continuano a proiettare nuvoloni scuri sull’orizzonte del Paese. Per restituire capacità di acquisto alle famiglie è necessario un maggiore impegno – spiega Federconsumatori – a partire da una riforma delle aliquote Iva, degli oneri di sistema in bolletta e dal prolungamento del mercato tutelato dell’energia (gas e luce), per non esporre i cittadini a ulteriori aumenti". Insomma, si rischia un corto circuito sociale. Oltre che un aggravio economico.
Basta dare una lettura ai dati e ai grafici pubblicati periodicamente da Arera per avere l’esatta dimensione dell’evoluzione della vendita al dettaglio dell’energia elettrica e del gas: a ottobre scorso le offerte sul libero mercato più vantaggiose della tariffa stabilita dall’Autorità erano solo il 14% del totale per l’elettricità e solo il 4,3% per il gas, a fronte di circa 2000 diverse proposte disponibili in entrambi i mercati. Ma non basta. Sempre considerando i grafici diffusi da Arera, si scopre che il mese scorso la spesa annua per una utenza media nel mercato tutelato con tariffe variabili, era di 887,85 euro contro i 1.038 del mercato libero. È vero che, con una attenta ricerca delle offerte disponibili, i consumatori potrebbero risparmiare una ventina di euro. Ma è anche vero l’opposto: l’offerta meno vantaggiosa del mercato libero è quasi il doppio rispetto alla tariffa garantita da Arera. C’è anche un altro dato che balza agli occhi: il numero di venditori che si contendono i clienti: l’Italia conta 658 operatori del settore, quasi il doppio della Spagna (397) e 10 volte quelli della Francia (63), differenza ancora più evidente rispetto a Gran Bretagna (20) e Irlanda (15). Un’anomalia che determina un’ulteriore confusione per gli utenti che, a partire da gennaio, dovrebbero scegliere il nuovo operatore. C’è poi la questione delle aste: da aprile, chi non ha optato per un gestore sul mercato libero sarà automaticamente assegnato all’azienda che si è aggiudicato una delle 26 "porzioni" nei quali è stata diviso il Paese. Un processo destinato a creare confusione. Senza dimenticare, poi, i potenziali effetti sui lavoratori nel settore: spostamenti repentini dei contratti potrebbero creare forti oscillazioni dei carichi delle attività e quindi, delle eccedenze.