CON IL FORTE rialzo dei rendimenti iniziato da metà 2022 con gli aumenti dei tassi decisi dalla Bce, gli italiani hanno investito ancora di più sui titoli di Stato. Ottenendo fino a qualche mese fa, prima che iniziasse la riduzione dei tassi sempre da parte della Bce, rendimenti anche superiori al 4% annuo lordo a cui applicare un’aliquota fiscale agevolata del 12,5%. Oggi i rendimenti non sono più quelli di un anno fa ma il Btp (e non solo) rimane una valida alternativa per investire la propria liquidità e battere l’inflazione. Soprattutto in uno scenario di tassi in discesa, che nel 2025 vedrà le nuove emissioni pagare cedole sempre più basse. "Non bisogna però farsi tentare troppo dal rendimento – avverte Rocco Bove (nella foto in alto a destra), head of fixed income di Kairos Parnters Sgr –. E mi spiego meglio. Viste le attese di ritorni più bassi nel 2025, un risparmiatore potrebbe pensare di investire in obbligazioni a 7-10 anni per bloccare il rendimento. Ma sarebbe una scelta sbagliata, così come lo sarebbe puntare su scadenze troppo ravvicinate. Il mio suggerimento è di posizionarsi sul tratto medio della curva, ovvero tra i 3 e i 5 anni, anche perché in un mondo di curve piatte si ottiene lo stesso rendimento delle scadenze più lunghe, ma con un rischio inferiore". Inoltre, considerando un contesto economico abbastanza solido, "ci si potrebbe prendere qualche licenza poetica, guardando anche alle emissioni societarie più affidabili, le investment grade, o ai titoli bancari, quelli senior. Un portafoglio obbligazionario ideale potrebbe essere costruito con titoli di Stato per il 50%, corporate bond investment grade per un 30% e obbligazioni senior bancarie per il restante 20%. Ma se tra emissioni governative e bancarie senior ci si può muovere anche in autonomia, per le emissioni societarie consiglio, in ottica anche di una maggiore diversificazione, di affidarsi a strumenti di risparmio gestito", conclude Bove.
Quando si investe nell’obbligazionario, sebbene i rischi percepiti siano inferiori all’azionario, non bisogna dimenticare che l’andamento dei tassi può determinare sia plusvalenze sia anche pesanti perdite come è successo due anni fa a chi aveva in portafoglio bond con tassi vicino allo zero che hanno visto un sensibile calo del valore capitale.
A. Pe.