Mercoledì 17 Luglio 2024

Portafogli conservatori e progressisti. Diversi sì, ma di poco

Gli investitori italiani preferiscono liquidità sui conti correnti e puntano sul settore bancario per la stabilità, nonostante il rendimento più alto delle azioni. Influenze come l'inflazione e l'incertezza geopolitica guidano questa scelta conservatrice.

Portafogli conservatori e progressisti. Diversi sì, ma di poco

Portafogli conservatori e progressisti. Diversi sì, ma di poco

RISPARMIO, CONTI DEPOSITO e ancora e sempre banche: di fronte a un’inflazione in discesa ma che non molla la presa e alla narrativa incerta delle banche centrali sui tagli dei tassi di interesse gli investitori aumentano la liquidità sui conti correnti e si concentrano sul settore finanziario. Guardando ai risultati dell’ultimo Retail Investor Beat di eToro - sondaggio condotto su base trimestrale dalla piattaforma di trading e investimento eToro, condotto su un campione di 10.000 investitori retail distribuiti in 13 paesi nel mondo, di cui 1.000 in Italia – il 56% degli investitori nazionali dichiara di avere liquidità ferma sui conti, preferendo poi concentrarsi su quei settori-rifugio che risuonano più familiari. Questo, si si traduce in una rotazione dei portafogli verso le banche (16%), preferite addirittura alle Big Tech americane, e verso l’Europa, con il 23% del campione che ritiene il Vecchio Continente il più promettente in termini di performance, rispetto a un 17% che predilige gli Stati Uniti. In poche parole, al momento l’investitore italiano preferisce la stabilità del denaro al rischio delle azioni, nonostante i mercati stiano andando in direzione opposta e il rendimento offerto dal mercato azionario superi decisamente quello di un conto corrente. Dall’ultimo aumento dei tassi da parte della Bce a settembre infatti, l’erogazione di un interesse ipotetico del 5,5% sul conto corrente non avrebbe comunque eguagliato il rendimento del FTSE MIB, che ha segnato una differenza di circa 11 punti percentuali in 290 giorni.

Allora, perché? Sul ritorno alla liquidità e ai conti correnti pesano tante cose: le vecchie abitudini degli italiani “popolo di risparmiatori” e il basso grado di alfabetizzazione finanziaria, ma soprattutto influiscono il timore per l’inflazione, che un investitore su cinque (21%) percepisce ancora come una minaccia per il proprio portafoglio di investimento, e una situazione geopolitica internazionale critica e mutevole che il 23% del campione ritiene una variabile imprevedibile e difficile da gestire. A questo si aggiunga un trimestre caratterizzato da un cambio di narrativa da parte delle banche centrali sui tempi e sulle modalità degli eventuali tagli di interesse che, come ventilato dalla presidente della Bce Christine Lagarde anche nell’ultimo forum Bce di Sintra, potrebbero ritardare di fronte a un tasso di inflazione core stabile al 2,9% e quindi ancora superiore alle aspettative (era atteso un calo al 2,8%). Risulta dunque abbastanza intuitivo che gli investitori abbiano deciso di “stare alla finestra” in attesa di segnali definiti, ma senza abbandonare l’idea di ricalibrare o aumentare i propri investimenti in futuro. Secondo i dati del sondaggio infatti, solo solo 9 investitori su 100 intendono diminuire la quantità di reddito dedicata agli investimenti nei prossimi tre mesi, mentre un buon 62% manterrà invariata la quota. In questa ricerca di chiarezza e di strade poco accidentate, cambia anche lo sguardo sui settori di investimento e sulle banche, in senso generale, che essendo percepite come conosciute, solide e sicure diventano il primo obiettivo degli investitori (16% decisi ad aumentare la propria esposizione) a discapito del settore tecnologico e, presubilmente, delle Bigh Tech americane, che restano indietro di due punti di percentuali seguiti da Energia (10%) e Real Estate (7%).

Mentre il comparto tecnologico Usa sembra dunque soffrire le valutazioni ormai elevatissime e, ancora una volta, l’incertezza su quali saranno le effettive decisioni della Fed, le Banche italiane tra fusioni, dividendi, buyback e le vicende di Monte dei Paschi si confermano anche al di là della mera speculazione legata all’aumento dei tassi di interesse dello scorso anno. Grazie agli ottimi livelli di margine di interesse netto (NII), il rimbalzo delle commissioni nette, una gestione dei costi efficiente che ha sostenuto gli utili operativi e solidi livelli di patrimonializzazione e, non ultimo, il deposito di maggiore liquidità da parte dei risparmiatori, le “7 sorelle italiane” del settore bancario hanno di recente sovraperformato le magnifiche 7 (Tech) americane e non stupisce quindi la scelta degli italiani, che nella preferenza espressa al settore bancario risultano secondi dietro solo alla Spagna (17%), ma davanti alla Francia (14%), Paese dove la concentrazione bancaria è maggiore. Va detto però, che tale orientamento aveva già trovato una conferma nell’analisi periodica delle Top Stocks, ovvero la classifica delle le azioni più detenute dagli utenti della community di eToro dove Intesa e Unicredit (già tra i titoli più detenuti dagli italiani insieme con Eni) continuano a scalare posizioni. In particolare, nel primo trimestre Intesa San Paolo è cresciuta del 29% proseguendo poi la sua corsa con un altro 13 per cento nel trimestre appena concluso insieme con Unicredit (+11%).

Insomma, le banche e i titoli del settore finanziario sembrano davvero essere un titolo per tutte le stagioni, mettendo d’accordo tutti senza distinzioni di età e di genere (le donne sono al 17%) ma con minime differenze nell’orientamento politico: il gradimento espresso dal centrodestra circa un prossimo investimento nel settore finanziario è infatti pari al 20%, con una percentuale più alta in Forza Italia (22%) rispetto a Fratelli d’Italia (19% sul totale del sottogruppo) mentre il centrosinistra si ferma al 15% preferendo di un punto di percentuale la tecnologia (16% contro il 15% del centrodestra). Portafogli conservatori e istituti di credito da una parte; portafogli progressisti e innovazione dall’altra. Ma la differenza è davvero di poco.

* Country manager Italia di eToro