NON UNA DECISIONE, ma un processo che va affrontato e gestito. Bisogna considerare così la transizione verso una economia sostenibile, finalmente libera dalla dipendenza dalle fonti energetiche fossili, principali responsabili dei cambiamenti climatici. È questa la conclusione a cui sono giunti gli organizzatori della seconda edizione dell’Esg Day, l’evento organizzato da UniCredit che si è svolto il 14 novembre scorso e ha messo al centro i problemi della salvaguardia ambientale, della responsabilità sociale e della trasparenza della governance delle imprese. Quest’anno, gli organizzatori dell’Esg Day hanno voluto produrre anche un white paper, un documento conclusivo che contiene un’analisi delle problematiche che gravano sul futuro del Pianeta, aggiungendo diverse proposte per affrontarle.
"Ogni tentativo di generare un impatto ambientale significativo - hanno scritto gli autori del white paper - è anche un esercizio di gestione di interessi contrastanti". In un mondo sempre più polarizzato, infatti, è necessario essere attenti ai compromessi che spesso si rendono necessari tra questioni ambientali e sociali. Dare priorità agli obiettivi di transizione green, per esempio, rischia di danneggiare le comunità sociali dipendenti da industrie ad alta intensità energetica, mentre dare priorità alla trasformazione sociale potrebbe avere impatti negativi sulla biodiversità. Allo stesso modo, nel reperire le risorse, le iniziative di salvaguardia ambientale devono competere anche con altre priorità globali, come la crescente digitalizzazione e le attività di difesa militare, in un mondo in cui la pace è sempre più minacciata. Tuttavia, il costo dell’inazione è molto più elevato. Anche se venissero centrati gli obiettivi sul clima fissati nell’Accordo di Parigi, che prevedono di limitare il riscaldamento globale a circa 1,5 gradi centigradi, vi sarebbe comunque un peggioramento (seppur più gestibile) delle attuali condizioni ambientali.
Livelli di riscaldamento più elevati porteranno invece a maggiori stress sociali in tutto il mondo che colpirebbero duramente soprattutto i paesi in via di sviluppo. La Banca Mondiale stima per esempio che uno scenario pessimistico per quel che riguarda i cambiamenti climatici potrebbe portare a ben 216 milioni di migranti entro il 2050, che potrebbero essere limitati a soli 44 milioni in uno scenario meno dannoso. Tutti questi mutamenti dell’ecosistema avrebbero impatti negativi anche sul Pil in quasi tutte le aree geografiche del globo. Gli effetti più pesanti si manifesterebbero nelle economie dei Paesi più poveri, ma anche le nazioni più avanzate rischierebbero di attraversare una fase di forte instabilità politica, legata alla difficoltà di gestire i flussi di migranti.
Eppure, la transizione verso un’economia net zero, cioè senza emissioni di anidride carbonica derivante dai combustibili fossili, è anche un fattore di sviluppo economico: il World Economic Forum stima che 3mila miliardi di dollari di investimenti e 117 milioni di posti di lavoro a livello globale potrebbero essere creati in quei paesi che sono leader della trasformazione energetica. Le attività generate spaziano su diversi ambiti, dall’urbanizzazione alla progettazione di infrastrutture capaci di ridurre al minimo la perdita di biodiversità fino all’incorporazione degli ecosistemi esistenti nelle aree urbane (rendendo così la natura una vera e propria infrastruttura). Gli investimenti aziendali hanno già mosso i primi passi verso questa direzione di sviluppo ma, sottolineano gli autori del white paper "accelerare questa transizione è nell’interesse di tutti".
Nel vertice sul clima Cop28 di dicembre 2023, quasi 200 parti hanno concordato di triplicare la capacità di produrre energie rinnovabili entro il 2030. Tuttavia, mentre gli attuali investimenti in energia pulita aumentano in modo significativo ogni anno, la struttura di ricerca Bnef che fa capo a Bloomberg ha stimato che, anche continuando a questo ritmo, vi sarebbe un deficit del 29% nel tasso di completamento del percorso net-zero. Dunque, per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni sarà necessario un drastico aumento degli investimenti energetici, soprattutto nei prossimi anni, toccando il picco attorno al 2030.
Nel recente rapporto stilato da Mario Draghi su "Il futuro della competitività europea", vengono citate tre esigenze principali che richiedono investimenti massicci per aprire al Vecchio Continente la strada di uno sviluppo virtuoso e sostenibile. La prima esigenza è la digitalizzazione dell’economia e della società, che consente all’Europa di stare al passo con il resto del mondo nel processo di innovazione tecnologica. La seconda esigenza riguarda la decarbonizzazione e l’abbandono delle fonti energetiche fossili. Infine, il terzo elemento evidenziato nel rapporto di Draghi è il rafforzamento della capacità di difesa dell’Ue che, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e la crescita delle tensioni geopolitiche globali, oggi si trova esposta a nuovi rischi. "Questi tre obiettivi non sono stati concepiti per escludersi l’uno con l’altro", sottolinea il white paper pubblicato in occasione dell’Esg Day di UniCredit, "ma è facile immaginare che questi target potrebbero competere tra loro per ottenere finanziamenti pubblici e privati, viste le difficoltà dei bilanci pubblici degli stati".
Gli autori del documento sottolineano anche che una grande banca come UniCredit non può avere un ruolo significativo nel futuro dell’Europa senza sostenere la transizione green in tutte le sue forme.