"SE NON SI GUARDA e non si affronta la realtà in tutte le sue sfaccettature, non si è capaci di cogliere le esigenze del mercato del lavoro e delle aziende". E ancora: "Non servono teorie, serve far emergere pratiche positive". Andrea Dellabianca (nella foto sopra), nuovo presidente nazionale di Compagnia delle Opere, sintetizza così i punti di partenza del suo lavoro. Imprenditore attivo da anni nel settore del noleggio a lungo termine di veicoli, fondatore e presidente di Notess, Dellabianca è stato nell’ultimo triennio presidente della Compagnia delle Opere di Milano e provincia, la sede più significativa in termini di associati (oltre duemila). È inoltre membro del Consiglio e della Giunta della Camera di Commercio di Milano, dove ricopre l’incarico di presidente del Formaper, del Consiglio Generale della Fondazione Fiera di Milano e del Consiglio direttivo dell’Associazione Portofranco Milano onlus. La sua elezione a presidente di Cdo è una scelta che ha l’obiettivo di sostenere e favorire opere e imprese impegnate nella costruzione di un contesto economico-sociale che sappia porre al centro la persona e la sua capacità creativa. "La Compagnia delle Opere – spiega – offre in questo senso a chi ne fa parte un’amicizia operativa. Un punto fondamentale: al centro c’è l’uomo a 360 gradi. Quindi l’imprenditore e, nello stesso tempo, i suoi collaboratori. È solo servendo le aziende con questo sguardo che si può aiutare tutti a trovare un senso al proprio lavoro quotidiano".
Come giudica la situazione economica italiana?
"Particolarmente complessa, a causa di molteplici fattori sia interni che esterni. Provo a elencarne i principali. L’aumento dei costi dell’energia causato dalla guerra della Russia contro l’Ucraina, che ha causato problemi enormi alle attività produttive fino a pochi mesi fa. Le tensioni legate alle trasformazioni in atto che stanno portando a una maggiore polarizzazione dei poteri mondiali e alla crisi della globalizzazione. Tensioni dovute anche alla situazione drammatica in Terra Santa e agli scontri nel canale di Suez, che stanno mettendo a repentaglio il commercio mondiale, danneggiando import ed export delle nostre aziende".
Molte già in crisi.
"Le crisi industriali stanno segnando il nostro Paese, non ultima quella dell’Ilva. La storia e l’educazione da cui ha origine la Cdo insegnano che si può stare davanti a tutto con una positività ragionevole, dalla quale può generarsi, appunto pensando all’Italia, una rinnovata politica industriale dotata di una visione a medio e lungo termine. Una politica composta non tanto da singoli interventi slegati tra loro, ma fondata su un piano di sviluppo complessivo con al centro l’impresa, sostenendola e rafforzandola. Secondo lo stesso principio e pensando al nostro compito, è mettendo a fattor comune competenze, difficoltà, scelte e tentativi che si costruisce maggiormente rispetto alla semplice somma delle singole esperienze. Così si argina anche l’individualismo che spesso affligge il mondo imprenditoriale".
Importante sarà il supporto che riuscirete a garantire alle imprese.
"La vicinanza alle imprese è il nostro fine costitutivo ed essenziale. Far parte di Cdo per un imprenditore e un professionista vuol dire far parte di una realtà che vuole favorire lo scambio di esperienze e la condivisione di percorsi. Ciò si concretizza anche attraverso un supporto di tipo consulenziale, ad esempio in ambito finanziario, o in qualsiasi attività della vita dell’impresa. Cdo non è un club esclusivo e ristretto, piuttosto un luogo aperto e vivo dove aiutarsi a crescere. Questo esito presuppone però che ci sia una ripresa ideale comune. Non basta individuare meccanismi economici virtuosi: c’è bisogno di un soggetto che si muova per innescare tali meccanismi, occorre una relazione costruttiva e buona che metta in moto le persone".
Quale la vostra attenzione per il terzo settore?
"Questo è un architrave del sistema Italia e per Cdo rappresenta un interlocutore fondamentale. Al nostro interno profit e non profit convivono e si contaminano, mantenendo distinti i rispettivi ruoli e ambiti di azione. Per il terzo settore chiediamo sempre più centralità nel dibattito istituzionale e riconoscimento del suo ruolo in ottica sussidiaria, con una particolare attenzione verso temi che ci stanno particolarmente a cuore, come una equilibrata politica fiscale, il contrasto al fenomeno della disaffezione dei giovani, la sempre maggior diffusione del meccanismo di valutazione dell’impatto e del bilancio sociale".
Quali gli elementi che, secondo voi, caratterizzeranno lo sviluppo del terzo settore in Italia?
"Con la riforma del terzo settore si sono già compiuti importanti passi in avanti. Le imprese sociali e le cooperative sono un asset produttivo fondamentale e di sostegno per il welfare. Così come in ambito culturale. Il terzo settore spesso supplisce alle mancanze del pubblico e penso chieda una sola cosa: di essere riconosciuto e ascoltato. Noi intendiamo agevolare questa interlocuzione con il legislatore, facendoci promotori di alcune soluzioni che riteniamo valide. Ad esempio, la co-progettazione, prevista dalla riforma, è un’opportunità molto interessante perché riconosce che il terzo settore opera per il bene comune al pari della pubblica amministrazione. È questa la strada: per superare timori e limiti ideologici, partiamo da quegli esempi virtuosi favoriti da alcune pubbliche amministrazioni lungimiranti".