Lunedì 24 Marzo 2025
REDAZIONE ECONOMIA

Il commercio al tempo dei dazi Usa: "Ma l’export crescerà"

I DAZI DECISI DAGLI STATI UNITI di Trump potrebbero avere un impatto, in Italia, su settori come "l’automotive o quello...

I DAZI DECISI DAGLI STATI UNITI di Trump potrebbero avere un impatto, in Italia, su settori come "l’automotive o quello...

I DAZI DECISI DAGLI STATI UNITI di Trump potrebbero avere un impatto, in Italia, su settori come "l’automotive o quello...

I dazi decisi dagli Stati Uniti di Trump potrebbero avere un impatto, in Italia, su settori come "l’automotive o quello degli articoli di lusso, sull’alta gamma". Il commercio, però, "continuerà a crescere" anche nei prossimi anni, e "le aziende si stanno preparando a diverse situazioni e scenari per sostenere i loro flussi". Una situazione fotografata da Mike Parra (nella foto), ceo di Dhl Express Europe, che ha partecipato alla presentazione dell’Atlante del commercio 2025 realizzato per Dhl dai ricercatori della Nyu Stern School of Business. Sono previsti aumenti da qui al 2029, sui valori dell’import-export, anche per l’Italia, che è però di fronte alle incognite legate ai dazi Usa. I macchinari industriali figurano infatti al primo posto nella top five dei prodotti italiani esportati, occupando il 19% del totale, con destinazione principale gli Stati Uniti e una crescita del 6.7%. Si aprono incognite per il mercato dell’auto, per l’industria metalmeccanica, per settori traino del made in Italy nel mondo come la moda e il design. "I dazi potrebbero far sentire i loro effetti nel breve periodo – sottolinea Parra – ma questo non sposterà la propensione ad acquistare prodotti italiani, che si collocano nelle fasce più alte del mercato. Dhl Express punta molto sull’Italia, perché è uno dei mercati che registrano la più alta crescita. Sono in programma importanti investimenti, l’Italia è tra i Paesi numero uno in Europa".

Ma i dazi non sono l’unica incognita sul commercio globale, visto che la guerra in Medio Oriente continua a colpire anche il traffico merci nel Mar Rosso: da quella tratta, minacciata dagli attacchi dei ribelli houthi, passa il 12% delle merci del commercio globale e più di un terzo del traffico globale di container, per un valore stimato superiore a un trilione di dollari all’anno. Traffico che giocoforza si è ridotto, con l’aumento dei costi e la ricerca di strade alternative. "La sicurezza dei trasporti è una priorità per tutti noi – spiega John Pearson, ceo di Dhl Express – e i clienti sono immediatamente avvisati quando è necessario un reindirizzamento delle spedizioni". Il colosso della logistica e dei trasporti, inoltre, sta investendo anche sul fronte della cybersicurezza, nel rispetto della nuova direttiva europea Nis 2. "Stiamo estendendo le nostre procedure per soddisfare i requisiti di Nis 2 per gli obblighi di segnalazione alle autorità locali – sottolinea Paerson –. Attualmente siamo già in procinto di modificare le nostre procedure e i nostri controlli per la gestione dei rischi dei fornitori, in particolare per includere le imminenti richieste del Cyber Resilience Act in relazione a qualsiasi software fornito ai clienti nell’Ue dal 2027". Un percorso di espansione globale lanciato da Dhl, società fondata negli Usa e ora controllata da Deutsche Post, il principale gruppo postale tedesco, che ha fatto tappa anche in Messico, con l’inaugurazione nei giorni scorsi del nuovo hub all’aeroporto internazionale di Querétaro, a circa 920 chilometri dal confine con gli Stati Uniti.

Un’operazione avviata nel 2021 e supportata da un investimento di oltre 120 milioni di dollari, per creare il polo più importante per volumi di merci nell’area dell’America Latina, in grado di processare fino a 41mila pacchi ogni ora su un’area di quasi 30mila metri quadrati. Merci destinate a 12 destinazioni intermedie del Messico e, sempre per via aerea, anche al mega hub Dhl di Cincinnati, negli Stati Uniti governati da Trump. Circa 200 chilometri di nastri trasportatori, sistemi automatici per leggere i documenti, smistare i pacchi e farli arrivare a destinazione nell’arco di 24 ore. Un "segnale di fiducia" in uno dei Paesi minacciati dai dazi di Trump. Decenni di delocalizzazioni, infatti, hanno trasformato il Messico nella “fabbrica” degli Usa, facendo crescere gli scambi commerciali fra i due Paesi: dal 2023 il Messico è diventato il primo partner commerciale degli Stati Uniti con 798,9 miliardi di dollari di scambi totali di merci, fra esportazioni e importazioni.

Donald Trump ha congelato fino al 2 aprile i dazi al 25% sui prodotti importati sia nei confronti del Messico che del Canada, i primi due Paesi finiti nel mirino del confronto commerciale e doganale portato avanti dal presidente Usa. La mossa è arrivata il giorno dopo aver concesso una proroga di 30 giorni alle case automobilistiche - Stellantis, General Motors e Ford - che si erano lamentate con il presidente del fatto che le sue tariffe del 25% contro i vicini a Nord e a Sud degli Stati Uniti avrebbero causato gravi danni al settore. Sul futuro, però, c’è un grosso punto interrogativo. "Il commercio globale ha sempre mostrato una grande resilienza – spiega lo statunitense Pearson – e con i dazi si potrebbero aprire opportunità per esplorare nuovi mercati. Il Messico è in mezzo alla mappa del commercio globale". Un ruolo dimostrato dai volumi in crescita, anno dopo anno. "L’apertura del nuovo hub è un importante segnale di fiducia verso il futuro – spiega Antonio Arranz Lara, ceo di Dhl Express México –. Il Messico è tra i venti Paesi del mondo che stanno registrando una crescita maggiore, e la vicinanza geografica con gli Stati Uniti fa la differenza".