Giovedì 21 Novembre 2024
REDAZIONE ECONOMIA

Il biglietto verde resta al top delle valute internazionali

Il dollaro statunitense rimane la valuta internazionale dominante, secondo l'analisi di Jeffrey Cleveland di Payden&Rygel. La sua leadership è confermata da dati della Federal Reserve e da considerazioni sulle alternative.

Il biglietto verde resta al top  delle valute internazionali

Il dollaro statunitense rimane la valuta internazionale dominante, secondo l'analisi di Jeffrey Cleveland di Payden&Rygel. La sua leadership è confermata da dati della Federal Reserve e da considerazioni sulle alternative.

CHI NON HA simpatia per gli Stati Uniti se ne faccia una ragione: il dollaro statunitense resterà ancora per molto il re delle valute internazionali. Parola di Jeffrey Cleveland (nella foto a destra), capo economista della casa di investimenti Payden&Rygel che nelle scorse settimane ha dedicato un’ampia analisi al biglietto verde. "Sebbene esistano circa 180 valute nel mondo, solo un numero ristretto di esse gioca un ruolo di primo piano nel commercio internazionale, nella finanza e nelle riserve valutarie delle principali banche centrali" ha scritto Cleveland. Tra queste, secondo l’economista, il dollaro è decisamente la più importante e il suo status è rimasto pressoché inalterato nel corso degli ultimi decenni.

Secondo l’indice valutario internazionale costruito dalla Federal Reserve, presieduta da Jerome Powell (nella foto a sinistra), la moneta americana ha infatti mantenuto la leadership indiscussa tra le riserve valutarie, nel volume delle transazioni, nell’emissione di debito in valuta estera, nonché nei crediti bancari internazionali. L’euro si posiziona al secondo posto con un punteggio di 23, un terzo del punteggio del dollaro Usa, anche se superiore alla somma delle tre valute successive messe insieme, yen giapponese, sterlina britannica e renminbi cinese. Quest’ultima, in particolare, in passato era vista come la valuta che avrebbe spodestato il dollaro statunitense ma, secondo Cleveland, all’indomani della crisi del mercato azionario cinese del 2015, la mancanza di piena convertibilità, l’incertezza del quadro normativo e l’illiquidità dei mercati finanziari l’hanno resa una contendente improbabile, almeno per il prossimo futuro.

Nel 2015, i paesi con valute ancorate al dollaro (senza contare gli Stati Uniti) rappresentavano il 50% del Pil mondiale, contro il 5% delle economie legate all’euro (Eurozona esclusa). "Non crediamo sia in atto quella che molti detrattori chiamano una de-dollarizzazione", aggiunge l’economista, "tesi secondo cui le principali economie preferiranno utilizzare altre valute per evitare le sanzioni inflitte dai policymaker statunitensi".

Anzitutto, fa notare ancora l’economista, le sanzioni sono più comuni di quanto si pensi: già nel 1935, la Lega delle Nazioni (predecessore delle Nazioni Unite) sanzionò l’Italia per l’invasione dell’Etiopia, vietando prestiti e rifornimenti militari e, in tempi più recenti, le sanzioni si sono ripetute con Libia (2011), Iran (2012), Venezuela (2019) e Russia (2022). In secondo luogo, non si possono sottovalutare i benefici della "dollarizzazione", dal momento che il biglietto verde consente di raggiungere l’80% degli acquirenti e dei venditori nel mercato commerciale globale e di accedere al mercato finanziario più ampio e liquido del pianeta.

Secondo una ricerca del National Bureau of Economic Research (Nber), il valore nominale del dollaro è direttamente legato alla crescita delle economie globali, soprattutto nei mercati in via di sviluppo. Non a caso il rafforzamento del biglietto verde (a causa di tassi d’interesse della Federal Reserve più elevati o di tensioni internazionali sul finanziamento in dollari) ha portato in passato a una riduzione dei prezzi degli asset a livello globale e del volume degli scambi commerciali. Inoltre, per il capo economista di Payden&Rygel la Federal Reserve si è dimostrata un’affidabile garanzia per tutti gli operatori del mercato finanziario globale durante le crisi passate. Tanto basta per dire che l’era del dollaro non è affatto finita.