DAL 2019 AD OGGI è aumentato del 17% il salario delle persone impiegate nelle aziende di marca. È questo uno dei dati più significativi, in termini sociali ed economici, emersi dello studio "La Marca crea valore per l’Italia", redatto da Althesys Strategic Consultants, e presentato in questi giorni a Roma. Nel 2023 le aziende italiane hanno generato, a monte e a valle della loro attività, valore condiviso per 87,2 miliardi di euro, pari al 4,2% del prodotto interno lordo del Paese, con una crescita del 19% rispetto ai 73 miliardi rilevati nel 2019. "La Marca identifica l’Italia e insieme formano un binomio inscindibile fatto di qualità e di creatività, di bello e di ben fatto. Un patrimonio che il nostro Paese deve tutelare e valorizzare. Il valore dell’Industria di Marca va oltre il semplice, seppur notevole, contributo economico", dice Francesco Mutti (nella foto in alto), presidente di Centromarca.
A Centromarca, l’Associazione Italiana dell’Industria di Marca, fanno riferimento 200 tra le più importanti industrie operanti nel settore dei beni di largo consumo. Sono imprese italiane e multinazionali, alimentari e non. L’indagine condotta da Althesys per Centromarca, su 179 industrie associate, è basata sul modello elaborato dallo Shared Value Institute a partire dalla teoria dello Shared Value formulata da Porter e Kramer dell’Università di Harvard. I dati sono stati raccolti direttamente nelle aziende, attraverso l’esame dei bilanci aziendali e la consultazione di fonti terze istituzionali, come il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Istituto Nazionale di Statistica. Francesco Mutti prosegue "La Marca investe in innovazione sostenibile, ricerca, crescita dei talenti e delle competenze, offre ricadute sui territori, è volano di attrazione di investimenti per il sistema Paese ed è leader del made in Italy. L’Industria di Marca è attore indispensabile di un settore, quello del largo consumo, che rappresenta una filiera strategica per il Paese e chiede una seria politica industriale che porti maggiore efficienza al sistema". Il Valore Condiviso generato lungo la filiera va molto oltre la sola fase di produzione, dove operano le aziende aderenti a Centromarca, e nasce dalla collaborazione con i fornitori nazionali e i canali distributivi, con le ricadute complessive che sono tre volte quelle dalla sola fase industriale.
L’apporto alla contribuzione fiscale delle aziende di brand italiane è di 28,7 miliardi di euro, "cioè il 5% delle entrate fiscali generate nel 2023", spiega Francesco Mutti. 12,9 miliardi di questo valore sono riconducibili all’Iva, 12,2 miliardi a imposte e contributi sociali sul lavoro, 3,5 miliardi a imposte sul reddito delle società. Ogni lavoratore delle industrie Centromarca contribuisce a creare 7,2 posti di lavoro in Italia, l’equivalente di 1 milione di persone, pari al 4,1% degli occupati, di cui quasi 800 mila nella filiera del largo consumo. In specifico oltre 72 occupati tra i fornitori, 131.522 nella produzione, 6.195 nella logistica, 528.987 nella distribuzione e vendita. Le imprese associate generano, inoltre, 26,6 miliardi di euro di salari lordi, segnando, appunto un più 17% del valore dei salari rispetto al 2019.
Cosa significa? "Che le imprese di marca puntano alla qualità, il che significa poi che ci sono occasioni di lavoro ben retribuito per i giovani. Noi italiani in genere dovremmo essere più attenti al mercato del lavoro e al fatto che molti giovani decidono ogni anno di prendere la via dell’estero, molti senza avere mai un progetto di rientro. Al contrario, se li mettiamo in condizione di lavorare con opportunità di lavoro meglio retribuite, in contesti moderni, che puntano alla qualità probabilmente restano, anche perché qui si vive bene. Questo dato sull’aumento del salario dei lavoratori nelle aziende di marco va sottolineato", dice Francesco Mutti. Le imprese aderenti a Centromarca e che si occupano di brand puntano alla qualità, perché investono in ricerca e sviluppo, in innovazione, ma anche nella qualità del lavoro delle persone che sono impiegate nelle singole imprese.
"Senza la base produttiva industriale italiana", spiega Alessandro Marangoni (nella foto in basso), ceo di Althesys, "i fornitori non avrebbero mercati sufficienti e a valle mancherebbero i prodotti destinati alla commercializzazione verso i consumatori. La produzione nazionale è dunque strategica, come per altro emerso chiaramente durante il lockdown del 2020, nel quale le aziende associate a Centromarca sono state determinanti per il sistema economico e per i cittadini". Perché le imprese siano sempre più virtuose, però, è fondamentale anche il contesto generale, come sottolinea il presidente di Centromarca, Mutti "Per mantenere questo ruolo proattivo nel Paese delle imprese di marca, è però indispensabile un quadro normativo che favorisca la crescita dimensionale delle nostre industrie e gli investimenti destinati alla ricerca. Altrettanto prioritari sono gli interventi per garantire il rispetto delle leggi e la correttezza della concorrenza. Vorremmo focalizzare le nostre richieste su misure a costo zero per le casse dello Stato: pensiamo a interventi di semplificazione e di efficientamento della logistica di filiera, in un’ottica di spinta alla digitalizzazione. Stiamo concentrando su questi ambiti l’azione di Centromarca ai tavoli politico-istituzionali, con l’obiettivo di rafforzare la competitività delle nostre imprese sui mercati interno ed internazionale. Ovviamente siamo contrari a qualsiasi inasprimento delle imposte sui consumi, che ridurrebbe ulteriormente il potere d’acquisto delle famiglie italiane".