DOLLARO CHE GUADAGNA punti sull’euro, euro che guadagna punti sul dollaro. Quasi ogni giorno le cronache finanziarie parlano delle fluttuazioni del tasso di cambio tra le due più importanti monete dell’Occidente. Il mondo delle valute, però, è un universo ben più ampio, variegato e complesso che va ben oltre il rapporto tra il biglietto verde e la moneta unica europea. Ci sono per esempio valute ’esotiche’, di paesi lontani ed emergenti, che possono avere ripide oscillazioni sul mercato dei cambi, con una inevitabile conseguenza: danneggiare i ricavi e i profitti di imprese italiane che commerciano con l’estero in nazioni fuori dall’Europa, sia quelle che importano molti materiali, semilavorati e materie prime, sia quelle che esportano i loro prodotti a migliaia di chilometri di distanza. È un aspetto che ben conosce anche Attila Tarocchi (nella foto in alto), responsabile per il perimetro italiano del team Corporate Treasury Sales di UniCredit che nel suo lavoro quotidiano si occupa anche di questi aspetti legati da vicino al mondo produttivo. "Anche le aziende con ottimi piani industriali e ottimi prodotti possono subire una compressione dei margini di profitto a causa delle fluttuazioni dei cambi", dice Tarocchi che sottolinea come, specularmente, esistano invece imprese capaci di gestire questo problema e trasformarlo addirittura in una leva competitiva attraverso delle adeguate strategie di hedging, cioè di copertura dal rischio (in questo caso si tratta appunto del rischio di fluttuazione dei cambi).
In altre parole, può esservi una gestione attiva delle oscillazioni valutarie attraverso strumenti che tradizionalmente sono messi a disposizione delle aziende dal mondo bancario e finanziario. Quali sono questi strumenti? "Lo spettro delle soluzioni possibili è molto ampio", dice Tarocchi, "si va da strumenti relativamente più semplici come l’utilizzo di contratti a termine a strumenti un po’ più complessi come le opzioni valutarie. La scelta della soluzione più adeguata dipende prima di tutto dalle esigenze dell’impresa e dagli obiettivi di gestione del rischio che si pone". Un altro elemento che incide sulla scelta degli strumenti da usare è anche il grado di certezza dei flussi di denaro futuri che un’impresa avrà in un determinato mercato estero, dove per forza di cose deve utilizzare una moneta diversa dall’euro. In questo contesto, per Tarocchi diventa molto importante il ruolo dell’innovazione digitale. "L’evoluzione tecnologica consente alle aziende di utilizzare piattaforme avanzate per la gestione dei rischi di cambio", dice ancora Tarocchi, che ricorda due soluzioni offerte dal gruppo UniCredit al mondo imprenditoriale. La prima si chiama UCTrader e serve per negoziare attraverso i canali digitali le posizioni a pronti e a termine dell’impresa su decine di valute e di coppie valutarie di tutto il mondo. L’altra piattaforma offerta alla clientela imprenditoriale si chiama UC Hedge e permette all’azienda di fare vere e proprie simulazioni di risk management (di gestione del rischio), analizzando la posizione della stessa azienda su diverse divise al di fuori dell’area Euro, calcolando l’impatto di diversi scenari, sulla cui base possono essere poi predisposte e messe in atto delle adeguate strategie di protezione e copertura.
"Questi strumenti e questo approccio", continua ancora Tarocchi, "permettono di navigare sui mercati internazionali senza subire passivamente gli eventi". Il manager di UniCredit sottolinea però che l’utilizzo di piattaforme digitali come UCTrader e UC Hedge non sostituisce ma integra il supporto che arriva dalle attività di consulenza fornito alle aziende dagli specialisti valutari della banca, la quale si pone come partner strategico per tutta la catena del valore (value chain) del mercato dei cambi. Quest’ultimo ha assunto una notevole incidenza sul business delle imprese anche per effetto di una nuova variabile ormai importantissima. Stiamo parlando della possibilità che si verifichino all’improvviso delle tensioni geopolitiche inattese o comunque insperate, che hanno poi conseguenze pesantissime sulle quotazioni di mercato di una determinata valuta. Basti vedere la storia recente, con lo scoppio della guerra in Ucraina, che ha causato una rottura totale dei rapporti tra l’Occidente e la Russia, in precedenza importante partner commerciale dell’Europa per le forniture di gas. Senza dimenticare ovviamente altre tensioni geopolitiche come quelle scoppiate in Medio Oriente, con la guerra tra Israele e le popolazioni confinanti.
"Le tensioni geopolitiche rappresentano un elemento nuovo degli ultimi anni di cui le imprese devono tenere conto", dice Tarocchi, "non perché non esistessero anche prima, ma per il fatto che stanno diventando sempre più frequenti e si stanno intensificando". I loro effetti non si vedono soltanto sulle valute ma anche su altri mercati come quello delle materie prime e c’è un aspetto aggiuntivo tutt’altro che trascurabile: per loro natura, essendo spesso imprevisti e dagli esiti inattesi, gli eventi geopolitici sono difficilmente inquadrabili in modelli matematici come avviene invece nel mondo finanziario per altri tipi di variabili. Ciò non significa che le tensioni geopolitiche rendano meno importanti le strategie di copertura contro i rischi valutari. Anzi, rendono queste strategie ancor più importanti, visto che le incertezze economiche in diverse aree geografiche (Cina in primis) e il recente trend di riorganizzazione delle catene di approvvigionamento stanno comunque spingendo sempre più aziende a guardare a nuovi mercati.