UN RIALZO di 5 punti per le azioni americane e un ribasso di due punti per quelle europee. È stato questo, conti alla mano, l’effetto della vittoria netta di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitensi, nella settimana successiva alla corsa alla Casa Bianca. L’indice d’oltreoceano S&P 500 ha guadagnato infatti il 4,7% in 5 sedute mentre l’Eurostoxx 50, che raggruppa le maggiori azioni del Vecchio Continente, ha ceduto complessivamente l’1,46%, con le perdite che si sono accentuate subito dopo il responso delle urne. L’affermazione di Trump è stata dunque vista come una cattiva notizia per l’economia europea, vista la politica commerciale protezionistica che il candidato repubblicano ha promesso, a suon di dazi sulle importazioni dalla Cina ma anche dal Vecchio Continente. Nelle scorse settimane, però, dalle case d’investimento è arrivato il consiglio a guardare oltre alle cronache economiche e finanziarie di breve periodo.
A dare questo suggerimento è stato Niall Gallagher (nella foto a destra), direttore investimenti azionario per l’Europa della casa di gestione svizzera Gam. "Gli investitori che temono un eccessivo peso degli Stati Uniti negli indici globali, potrebbero prendere in considerazione le azioni europee come elemento di diversificazione", ha scritto in un commento Gallagher, aggiungendo che i titoli del Vecchio Continente oggi sono particolarmente appetibili per un mix di fattori concomitanti. Oltre a essere scambiate a prezzi interessanti, le più importanti azioni europee appartengono infatti a società leader con ottime reti di distribuzione globali. Inoltre, gli indici azionari del Vecchio Continente appaiono oggi meno concentrati rispetto a quelli statunitensi e consentono di costruire un portafoglio più diversificato a livello settoriale.
Se infatti aldilà dell’Atlantico i rialzi dei listini sono stati guidati per lo più dai big del settore tecnologico, sull’altra sponda dell’oceano i big del mercato hanno un business che spazia su un raggio più ampio di attività, dalla sanità ai beni di consumo fino all’alimentare e alla tecnologia. Le società a maggiore capitalizzazione sono infatti le cosiddette Granolas, sigla che identifica una dozzina di grandi multinazionali: Gsk, Roche, Asml, Nestlé, Novartis, Novo Nordisk, L’Oréal, Lvmh, AstraZeneca, Sanofi e Sap. "Oggi più che mai – fa notare il direttori investimenti di Gam – le società europee beneficiano della crescita economica globale e ricavano circa il 60% degli utili al di fuori del continente, e in particolare negli Stati Uniti, in Canada e in Asia".
Non a caso, oggi l’indice tedesco Dax si trova attualmente ai massimi storici, nonostante l’andamento claudicante dell’economia della Germania. "La ragione è semplice – continua Gallagher –, per società multinazionali come per esempio Sap il mercato tedesco non ha un peso rilevante. Ciò che conta veramente è l’andamento delle attività globali dell’azienda nel settore del software". Di conseguenza, visto che le attività all’estero di molte società con sede in Germania stanno producendo utili interessanti, l’indice Dax riporta oggi inaspettatamente buone performance. Uno dei vantaggi di questa presenza sempre più globale è che anche molte società del nostro continente beneficiano di iniziative di stimolo all’economia di altre aree geografiche come quelle messe in cantiere negli Stati Uniti.