LE ELEZIONI americane, i tagli dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali, gli stimoli all’economia cinese: ecco alcuni fattori che Gianmarco Rania (nella foto in alto), gestore del fondo Banor Sicav European Dividend Plus, deve pesare con attenzione sul piatto della bilancia per elaborare al meglio le sue strategie di investimento. Messi tutti assieme, questi fattori oggi possono dare ancora un po’ di sprint ai mercati azionari, dopo un 2024 che si è rivelato un anno migliore del previsto, almeno per ora, seppur con uno sbandamento dei listini durante l’estate. In questo scenario, il gestore di Banor ha rimodellato un po’ il portafoglio del fondo: se prima privilegiava le posizioni su titoli difensivi come per esempio le utility, ora si è spostato un po’ su azioni che gli addetti ai lavori definiscono cicliche, cioè di aziende con un business che dipende maggiormente dall’andamento della congiuntura economica.
Dunque, dottor Rania, dobbiamo guardare ancora con ottimismo ai prossimi mesi sui mercati?
"Innanzitutto, è bene analizzare lo scenario di fondo, evidenziando alcuni punti. Nei prossimi mesi non possiamo escludere che vi siano periodi di volatilità, soprattutto perché i bilanci trimestrali delle aziende non rifletteranno ancora gli effetti degli stimoli all’economia che vi sono in Europa, negli Stati Uniti e anche in Cina. Fatta questa premessa, ci sono alcuni elementi che possono sostenere l’andamento dell’economia e dei listini azionari".
Quali sono questi fattori?
"In primo luogo, abbiamo un cambiamento nelle politiche monetarie delle banche centrali, la Bce in Europa e la Federal Reserve negli Stati Uniti. Nell’ultima riunione dei vertici della Fed, a Jackson Hole, il governatore Jerome Powell ha detto chiaramente che è giunta al termine la guerra all’inflazione che aveva portato al rialzo dei tassi di interesse negli ultimi anni. Si è aperta dunque la strada al taglio del costo del denaro. Inoltre, non va dimenticato lo scenario cinese. A Pechino il presidente Xi ha affermato di voler sostenere l’economia nazionale con un nuovo piano di stimoli. È pronto a sfoderare il bazooka, come si dice solitamente nel gergo dei media e della comunità finanziaria".
Le elezioni americane influenzeranno i mercati?
"Tradizionalmente, nei mesi precedenti le presidenziali i mercati sono molto volatili, per poi rimbalzare successivamente al responso delle urne. Subito dopo l’insediamento e fino alle elezioni di midterm, i presidenti entrati in carica hanno di solito una certa libertà di manovra nell’attuare i provvedimenti e le riforme che hanno annunciato. Se guardiamo alle competizioni del passato, in media le borse statunitensi hanno avuto un rialzo del 7-8% quando c’è stata una vittoria repubblicana con il Congresso guidato dai democratici; in caso di vittoria democratica con il Congresso controllato dai repubblicani, invece, il rimbalzo è stato in media del 16%".
Quali strategie state attuando nel vostro portafoglio?
"Fino ai mesi scorsi abbiamo privilegiato le posizioni sui titoli come i farmaceutici, le telecomunicazioni o le utility che sono tradizionalmente considerati difensivi, perché le aziende di questi settori hanno un business con flussi di cassa e ricavi più stabili e meno esposti all’andamento del Pil. Anche queste aziende, che solitamente hanno un elevato livello di debito, traggono vantaggio da uno scenario di taglio dei tassi come quello attuale. Tuttavia, negli ultimi mesi abbiamo incrementato in maniera progressiva le posizioni sulle azioni cicliche, quelle del settore industriale, del lusso, delle materie prime o del tanto vituperato comparto automobilistico, che in Europa non ha attraversato certo una fase positiva negli ultimi mesi".
Perché questa scelta?
"Proprio per lo scenario che ho descritto, caratterizzato da fattori che supportano l’economia internazionale, a cominciare da quella cinese. Ci sono aziende di settori ciclici come per esempio Porsche, Pernod Ricard, Rio Tinto o la tedesca Basf che hanno le loro radici in Occidente ma hanno un business globale e ricavano ormai una fetta consistente del loro fatturato sui mercati emergenti e in particolare in Cina. Molti investitori internazionali, piuttosto che posizionarsi direttamente sui mercati finanziari cinesi, dove incontrano parecchie limitazioni, preferiscono incrementare le posizioni su aziende come quelle che ho descritto. È una strategia che consente appunto di trarre vantaggio da una ripresa dell’economia di Pechino, pur rimanendo posizionati sui listini europei".
Il fondo da lei gestito si caratterizza per un portafoglio con circa 40 titoli, tutti con un elevato dividendo, cioè appartenenti ad aziende che distribuiscono una quota consistente di utili ai propri azionisti. Può spiegare meglio queste caratteristiche?
"Il fondo investe in azioni europee che hanno un livello di dividendi superiore di almeno il 2% rispetto alla media del mercato. Inoltre, cerchiamo di massimizzare il dividend yield, cioè il rendimento ottenuto sotto forma di cedole, anche attraverso l’utilizzo di strumenti derivati. Oggi ci sono aziende quotate che offrono un dividend yield molto appetibile, attorno all’8-9%, che supera anche quello di non poche obbligazioni ad alto rendimento. Il dato ancor più interessante è che alcune di queste aziende, non hanno mai deciso di tagliare i loro dividendi anche quando i dati trimestrali di bilancio non sono stati particolarmente brillanti".