Venerdì 20 Dicembre 2024
ALBERTO LEVI
Economia

Cuzzilla (Federmanager): “Stipendi più alti per trattenere le competenze in Italia. E puntiamo sull’istruzione”

Il presidente dell’associazione dei dirigenti: “Un giovane su 10 va all’estero. Dobbiamo invertire il trend di investimenti statali aumentando quel 4,1% del Pil, oggi sotto la media Ue. Il taglio del cuneo non basta: serve adeguare le retribuzioni verso l’alto, nel pubblico e nel privato”

Stefano Cuzzilla, presidente Federmanager

Roma, 16 novembre 2023 – Presidente Stefano Cuzzilla ieri ha parlato di fronte ai dirigenti italiani e ai tanti esponenti del Governo durante l’Assemblea annuale di Federmanager 2023, sostenendo l’ambizione di ripartire dal valore della competenza per rilanciare la nostra industria e costruire un’Italia competitiva. Ma il nostro è un Paese che riconosce la competenza?

“Non è possibile pensare a un Paese competitivo che non si affidi a persone capaci - avvisa netto Stefano Cuzzilla, Presidente di Federmanager - Eppure sulla competenza persiste un grande paradosso perché tutti la invocano, in pochi la riconoscono e sempre in meno la premiano. Per ristabilire il valore della competenza, bisogna capire di cosa essa si compone”.

Che cosa è la competenza?

“Un buon livello di istruzione innanzitutto, talento in molti casi, esperienza sempre, e riconoscimento da parte dei propri pari. Saper orientare il lavoro verso l’alto e verso il futuro, avendo chiari i fabbisogni di competenza adeguati ai cambiamenti epocali in atto è indispensabile soprattutto per dare un futuro ai nostri giovani”.

Sarà proprio perché questo non sempre avviene che molti giovani preferiscono trovare fortuna all’estero?

“Certamente e i dati parlano chiaro, in media ogni 100 giovani, 10 decidono di andarsene. Dobbiamo invertire il trend di investimenti pubblici aumentando quel 4,1% del Pil che destiniamo al sistema dell’istruzione oggi sotto la media Ue, responsabile, tra le altre cose, di un tasso di abbandono scolastico che nel Mezzogiorno sfiora il 15%. È necessario valorizzare i talenti dotandosi di programmi di scale-up delle competenze concorrenziali a quelli degli altri Paesi, e poi trattenerli qui”.

E come possiamo trattenere le competenze in Italia per rimanere competitivi? Il Ministro Salvini ha detto alla vostra assemblea che il tetto degli stipendi rappresenta una limitazione e che i professionisti bravi vanno pagati. E questo mi sembra un tema a voi caro.

E’ un tema su cui ci battiamo da tempo e lo voglio ribadire, gli stipendi italiani sono bassi, troppo bassi e da troppo tempo. E non è solo una questione di taglio del cuneo fiscale, su cui siamo favorevoli. Apprezziamo lo sforzo finanziario che lo sorregge, ma riteniamo che tanto il privato quanto la pubblica amministrazione debbano trovare nella contrattazione collettiva e nella contrattazione di secondo livello un volano per l’adeguamento delle retribuzioni verso l’alto. È solo nel lavoro di qualità e ben pagato che può trovare corrispondenza la competenza di cui tutti sentiamo il bisogno”.

Non a caso non solo il settore pubblico ma anche le imprese faticano a trovare manager competenti per affrontare le tante sfide del mercato.

“Assolutamente, il mismatch avviene a ogni livello. Un posto su due è vacante e in prevalenza riguarda figure tecnico-ingegneristiche e operai specializzati. Le cause prevalenti sono la mancanza di candidati e la preparazione inadeguata. Per i manager, lo stesso”.

In che misura?

“Un'impresa su due fa fatica a trovare competenze manageriali per gestire un processo, un'area o un cambiamento. Dobbiamo far decollare al più presto il sistema delle politiche attive che dovrebbe basarsi sul combinato di formazione mirata del lavoratore e strumenti efficaci per l’incrocio tra domanda e offerta”.

Il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, ha ribadito dal vostro palco che “la riprogrammazione del Pnrr vedrà la maggior parte dei fondi andare a sostegno delle imprese per vincere la duplice sfida green e digitale”. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha sottolineato quanto serva “una rivoluzione burocratica: basta timbri, carte, tutto ciò che mette in difficoltà l’investitore”. Per lei quali sono le priorità per rinnovare la strategia di politica industriale e rilanciare il Paese?

“Il tenore delle sfide che abbiamo davanti ci impone di rinnovare la nostra strategia di politica industriale. Per prima cosa, come ha indicato il Ministro Tajani, dobbiamo allentare il carico normativo e burocratico, poi investire su asset strategici che costituiscono l’eccellenza italiana nel mondo e capitalizzare le imprese con opere tangibili come infrastrutture, reti e collegamenti. Sostenere le imprese per vincere la duplice sfida green e digitale è sicuramente fondamentale per non rischiare di accelerare la diseguaglianza produttiva del nostro sistema imprenditoriale. E vado oltre”.

In quale direzione?

“Dobbiamo riconsiderare in termini di risorsa anche la nostra posizione nel Mediterraneo come porta d’Europa. Per riuscirci abbiamo bisogno di politiche europee capaci di coordinare gli investimenti degli Stati affinché alcune aree non diventino il traino di altre. In tal senso sono convinto che anche la Zes unica può diventare una risposta di politica industriale a patto che alleggerisca il Mezzogiorno dal peso del ritardo che ha accumulato. Non possiamo permetterci di essere un Paese arlecchino, perché l’unica chance che abbiamo di crescere è farlo insieme”.