Roma, 6 agosto 2024 – Auto cinesi prodotte in Italia. Dirlo, solo una decina di anni fa, sarebbe stato fantascienza, quando al massimo erano gli imprenditori italiani ad andare a produrre in Cina per sfruttare i “bassi costi della manodopera”.
Evidentemente oggi questo vantaggio non è più così “determinante” per decidere dove aprire una fabbrica. Anche perché, dopo i dazi sulle importazioni di automobili elettriche cinesi posti dalla Ue (per il momento più sulla carta), forse la “vicinanza” a un mercato che si intende invadere (quello europeo delle auto elettriche) rappresenta probabilmente una strategia percorribile e vantaggiosa (anche alla luce di costi di produzione superiori).
L’accordo con Dongfeng
La casa automobilistica cinese Dongfeng Motors infatti è pronta a sbarcare in Italia per realizzare uno stabilimento che fungerà da hub produttivo per tutta l'Europa. La notizia di trattative in fase avanzata con il governo italiano trapela alla vigilia del tavolo automotive convocato domani al ministero delle imprese e del Made in Italy.
Le missioni a Pechino
Se ne parla già da mesi, ma l'impulso è arrivato dalla missione a Pechino del ministro Adolfo Urso che ha incontrato i vertici dell'azienda cinese proprio per discutere di potenziali investimenti in Italia. Da tempo Urso insiste sulla necessità di un altro costruttore in Italia oltre a Stellantis, per aumentare la produzione di auto.
Centomila auto green
Dongfeng, che punta a produrre 100.000 vetture green per il mercato europeo, ha ancora una quota dell'1,5% di Stellantis. A fine aprile Paolo Berlusconi ha investito nel 10% di Df Italia, rivenditore ufficiale dei suv elettrici di lusso del gruppo.
Gli incontri tecnici, che si sono susseguiti in questi giorni, hanno vista impegnata l'unità attrazione investimenti esteri del Mimit e, secondo quanto risulta, entrambe le parti sarebbero molto soddisfatte dei progressi finora raggiunti, anche alla luce del recente sostegno del governo italiano e di quello cinese. Anche la presidente del consiglio Giorgia Meloni è stata in Cina per una missione ufficiale a margine della quale è stato sottoscritto un memorandum of understanding tra il ministero delle Imprese e del Made in Italy e il ministero dell'Industria e delle tecnologie di informazione cinese per una cooperazione bilaterale industriale anche sul tema dei veicoli elettrici.
L’impatto sull’indotto
Il progetto potrebbe coinvolgere anche imprese italiane della componentistica e non è esclusa una partecipazione di minoranza da parte dello Stato. Quanto all'insediamento tra le ipotesi c'è quella dell'area ex Olivetti di Scarmagno, nel torinese. Domani al Mimit è convocato il tavolo automotive con Stellantis, le associazioni della filiera auto e i sindacati.
Un piano triennale di ecobonus
Urso ha annunciato la presentazione di un piano triennale di ecobonus "per consentire una migliore programmazione nell'acquisto dell'auto da parte dei consumatori”.
I rapporti con Stellantis
Non è questa invece la sede per un possibile accordo con Stellantis che Urso aveva auspicato entro l'estate. L'amministratore delegato Carlos Tavares come previsto non ci sarà e un'eventuale intesa potrebbe essere raggiunta solo in un tavolo specifico a Palazzo Chigi a settembre. Certo l'ipotesi dell'arrivo di un produttore cinese non è mai piaciuta a Tavares che in più occasioni ha detto che “Stellantis è pronta a lottare”, ma ha anche parlato di rischi per le fabbriche italiane del gruppo.
La reazione dei sindacati
La notizia relativa a Dongfeng lascia perplessi i sindacati che ieri hanno visto Urso e domani lo rivedranno. "Il ministro faccia le comunicazioni ai tavoli istituzionali” commenta il leader della Fiom Michele De Palma che vede comunque di buon occhio l'arrivo di un altro produttore in Italia. “Chiediamo da tempo che in Italia ci siano investimenti di produttori esteri, compresi quelli cinesi, purché ci siano la presenza dello Stato ed effetti positivi sulla componentistica”, osserva. “Vogliamo verificare se la notizia abbia una consistenza e se ci saranno impatti produttivi occupazionali”, afferma Ferdinando Uliano, segretario generale della Fim, mentre il numero uno della Uilm Rocco Palombella parla di “ipotesi utopistica” e ricorda che “le fabbriche devono avere anche un ruolo sociale sul territorio”.