Comelli
Con la pandemia e la crisi del gas post pandemia, la crescita dei costi dei noli marittimi, l’aggressione russa all’Ucraina, l’inflazione, l’aumento dei tassi, il rallentamento dei mercati e il blocco del Mar Rosso, non sono stati anni facili per l’industria italiana. "Il Made in Italy, però, ha dato prova di una straordinaria capacità di reazione", commenta Matteo Zoppas, da poco più di un anno presidente dell’Ice, l’Istituto del commercio estero, che lavora a fianco delle pmi italiane portando buyer da tutto il mondo alle fiere e accompagnando le piccole aziende su mercati che, con le loro sole forze, non potrebbero raggiungere.
Come hanno reagito le aziende a quest’ultima botta del Mar Rosso?
"Bene, considerando che da Suez passa una buona parte del nostro interscambio commerciale per la moda, l’alimentare, le automobili, i macchinari. Dopo i primi effetti sui costi – dei trasporti, delle materie prime – ora i rincari stanno rientrando e le aziende si stanno abituando a mettere in conto due settimane in più su tutte le ordinazioni per la circumnavigazione dell’Africa. Le conseguenze ultime, però, non sono ancora chiare, dipenderanno molto dalle contromisure che verranno messe in atto e dalla durata della crisi".
Che effetti ha avuto il rallentamento generale degli scambi commerciali, causato dalla crescente conflittualità?
"Le imprese italiane sono tra le migliori al mondo perché sanno creare nuove tendenze a livello globale. Devono continuare a investire in ricerca e innovazione cercando anche sbocchi su nuovi mercati, ma in complesso la reazione agli scompensi degli anni scorsi è stata positiva, considerando che il 2023 ha chiuso con 626 miliardi di fatturato all’export, oltre il 30% in più rispetto al 2019, l’anno di riferimento pre-pandemia, che si era chiuso con 480 miliardi. È un segno di grande resistenza delle aziende, grazie anche alla forza di un marchio come il Made in Italy, che nella nostra attività percepiamo giorno dopo giorno".
Basta il marchio Made in Italy in un mondo che sta diventando più complesso?
"Al di là del marchio, il sistema industriale italiano ha dimostrato una grande resilienza e rapidità nell’adattarsi ai cambiamenti. Il Made in Italy spesso viene associato ai settori che conosciamo tutti per i suoi prodotti più famosi: il cibo, la moda, il design. Ma ci sono tanti settori silenti, che lavorano in mercati dove i clienti sono altre aziende, che stanno ottenendo eccellenti risultati, ad esempio le forniture per l’industria aerospaziale, le tecnologie green, le scienze della vita, l’intelligenza artificiale, dove ci sono casi di eccellenza nella ricerca anche nel Sud Italia. Sono settori cresciuti negli anni, spesso sottotraccia, che dall’estero vengono considerati dei veri punti di riferimento del sistema italiano".
Come si reagisce alle difficoltà della Germania, uno dei nostri principali mercati?
"La Germania resta importantissima, bisogna capire come si muoveranno i tassi d’interesse ma, quando la stretta si allenterà, l’effetto sarà molto significativo. Nel frattempo però stiamo aprendo la strada in tantissimi altri mercati, nei Balcani, in Medio Oriente e nel Sud Est asiatico, in America Latina. Succederà anche in Nord Africa, grazie al Piano Mattei".
Quando le condizioni nel mondo si fanno più difficili, cosa fa l’Ice per aiutare le aziende?
"Ice può dare un grande supporto alle aziende. Oltre ai programmi individuali, nel 2023 l’Ice ha organizzato 260 padiglioni Italia nelle fiere in giro per il mondo e 900 iniziative promozionali in 90 Paesi, oltre all’introduzione di 15mila buyer internazionali nelle fiere italiane, appartenenti a tutti i settori produttivi ed industriali. Tutto questo l’abbiamo fatto mentre abbiamo predisposto una riorganizzazione che è ormai quasi definita, che servirà a rendere più efficace una struttura già molto capace".