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Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore di Strategia e Imprenditorialità alla Sda Bocconi
Roma, 8 febbraio 2025 – “Il denaro è ormai un “oggetto“ immateriale che viaggia sempre più su piattaforme digitali. Quindi anche la banca è profondamente cambiata. Una rivoluzione che si riflette anche sulle operazioni di riassetto del settore in corso”. Carlo Alberto Carnevale Maffè, professore di Strategia e Imprenditorialità alla Sda Bocconi, spiega cosa succede sul fronte del credito e perché le aggregazioni siano anche la conseguenza della transizione digitale. “Non a caso fra gli istituti più attivi in questo momento sul mercato, ci sono quelli che hanno fatto maggiori investimenti in tecnologie. Del resto, una volta realizzato il software e costruito il modello produttivo, questi sono facilmente scalabili, possono rispondere alle esigenze di 100, 1.000 o 10mila clienti. Le sinergie sono evidenti”.
Quindi, continueremo ad assistere a fusioni e aggregazioni fra gli istituti?
“Se guardiamo all’aspetto industriale, alla “fabbrica prodotto“, la rivoluzione digitale porta inevitabilmente alle aggregazioni, un percorso inevitabile per migliorare la marginalità. Anche perché, nei prossimi mesi, come annunciato dalla Bce, continuerà il calo dei tassi di interesse. E, quindi, dal momento che si guadagnerà meno con le attività creditizie tipiche, gli istituti dovranno per forza spingere su altri pedali, come le assicurazioni, i prodotti finanziari, il risparmio gestito...”.
Si tratta di un processo che avviene solo in Italia?
“No, il processo riguarda l’intero sistema europeo, ancora troppo frammentato e che ha bisogno di accelerare sul fronte delle aggregazioni”.
Però, i Paesi continuano ad alzare barricate. Basta considerare quello che sta avvenendo per Unicredit e Commerzbank.
“Vero, ma la politica deve fare un passo indietro. Non decidono i singoli Paesi, ma il mercato e la Bce. Abbiamo bisogno di banche internazionali e non di repubbliche finanziarie”.
Prevede un’ulteriore scossa con l’intelligenza artificiale?
“Siamo solo agli inizi della rivoluzione. Credo che negli istituti di credito assisteremo più o meno allo stesso processo che abbiamo vissuto nelle fabbriche negli ultimi 50 anni, con l’arrivo dei robot, delle linee produttive informatizzate e del chip”.
Ciò brucerà posti di lavoro, come teme il sindacato?
“Certo, se puntiamo ancora sul cassiere che con le mezze maniche contava il denaro allo sportello, è chiaro che si farebbe un grosso errore. Ma il problema che si trovano già oggi da affrontare gli istituti di credito è diametralmente opposto: faticano a trovare le professionalità in grado di assecondare la transizione digitale, non riescono ad attrarre i giovani. Sarà questa la vera sfida”.
Tutto questo apre anche la strada al terzo polo con Mps e Mediobanca?
“Mi limito a far notare che Mediobanca è, guarda caso, l’advisor della scalata alla Popolare di Sondrio. La verità è che il terzo polo lo sta creando già Bper, in silenzio e senza chiedere il permesso a nessuno”.