Roma, 3 gennaio 2025 – Aumenta il numero delle imprenditrici in Italia. Nel 2023, le donne italiane in possesso di partita IVA che lavorano come artigiane, commercianti, esercenti o libere professioniste ammontano a 1.610.000, a fronte di 1.433.100 presenti in Francia e 1.294.100 occupate come autonome in Germania. Mentre il tasso di occupazione femminile in Italia rimane il più basso d'Europa, il Belpaese presenta, in termini assoluti, il numero più elevato di lavoratrici indipendenti.
Un vero e proprio record europeo che evidenzia ulteriormente la notevole propensione degli italiani, sia maschi che femmine, all'imprenditorialità. Il quadro di sintesi emerge da una ricerca condotta dall’Ufficio studi della CGIA. L'assoluto primato delle imprenditrici assume una rilevanza ancor più significativa se consideriamo che la popolazione femminile italiana in età lavorativa, compresa tra i 20 e i 64 anni, è costituita da 17.274.250 persone; al contrario, la Francia registra un surplus di 1,9 milioni di donne rispetto a tale cifra e la Germania supera addirittura il nostro dato di ben 7,3 milioni.
Otto donne su dieci guidano un’impresa di servizi o commerciale
Circa il 56 per cento delle donne imprenditrici attive nel nostro Paese è impiegato nel settore dei servizi alla persona (quali parrucchiere, estetiste, tatuatrici, massaggiatrici, pulitintolavanderie, ecc.) e nei servizi alle imprese (in qualità di titolari o socie di agenzie di viaggio, agenzie immobiliari, imprese di pulizie, noleggio di veicoli, agenzie pubblicitarie, fotografe, video maker, studi di commercialisti e consulenti del lavoro). Inoltre, poco meno del 20 per cento opera nel commercio, mentre poco oltre il 10 per cento è attivo nell'Horeca4 e circa un ulteriore 6 per cento nell'industria, medesima percentuale si riscontra anche nell'agricoltura.
Le donne assumono donne a differenza dei maschi
L’elevato carico di lavoro domestico che grava sulle spalle delle donne è la principale causa del basso tasso di occupazione femminile in Italia. Purtroppo, il nostro Paese ha storicamente investito in misura limitata nello sviluppo dei servizi sociali e della prima infanzia, penalizzando le donne in modo duplice. In assenza di adeguati investimenti in questi ambiti non sono stati creati nuovi posti di lavoro che avrebbero potuto essere occupati prevalentemente da donne. Numerosi studi a livello internazionale dimostrano come l'imprenditoria femminile possa rappresentare una chiave per incrementare l'occupazione femminile; infatti le donne che fanno impresa tendono ad assumere altre donne in misura significativamente maggiore rispetto ai loro colleghi maschi.
L’autoimpiego
I principali due fattori che motivano le donne a intraprendere un percorso imprenditoriale. Il primo è strutturale ed è correlato alla condizione socio-economica: situazioni di disoccupazione, tradizioni familiari o la presenza di incentivi economici inducono a considerare l'imprenditorialità come necessità. Il secondo fattore è motivazionale e concerne ragioni intrinseche che spingono le donne ad abbracciare tale opportunità; questo aspetto sembra rispecchiare maggiormente la sensibilità femminile. Grazie all’autoimprenditorialità, le donne possono gestire con maggiore flessibilità gli impegni lavorativi insieme a quelli familiari. Inoltre, coloro che si trovano in condizioni di inattività a causa della nascita di un figlio incontrano notevoli difficoltà nel reinserirsi nel mercato del lavoro. L'autoimpiego si è affermato come uno degli strumenti più efficaci per riconquistare protagonismo nella propria vita professionale e realizzare i propri obiettivi e aspirazioni nella speranza di ottenere risultati economici gratificanti e una maggiore indipendenza.
Imprese femminili al Sud
Le province del Mezzogiorno continuano a registrare l’incidenza percentuale più elevata di imprese a conduzione femminile sul totale delle attività presenti in ciascuna delle 105 realtà territoriali monitorate dall’Ufficio studi della CGIA. A guidare la graduatoria nazionale è Cagliari con il 40,5 per cento delle attività guidate da donne sul totale provinciale (in valore assoluto sono 13.340). Seguono Benevento con 30,5 per cento (9.227), Avellino con il 30,2 per cento (11.149), Nuoro con il 29,3 per cento (6.743) e Chieti con il 28,9 per cento (11.009). A differenza dei dati Eurostat questi sono di fonte Camerale e includono solo le ditte individuali, le società e le imprese a conduzione femminile (o dove nelle le stesse vi sia una maggioranza di soci femmine). Questa fonte non conteggia le libere professioni. Se, invece, riformuliamo la classifica nazionale in base al numero assoluto di imprese femminili, in vetta scorgiamo la Città Metropolitana di Roma con 76.519 attività “in rosa” (pari al 22,7 per cento del totale delle imprese presenti a livello provinciale). Seguono Milano con 57.341 (17,9 per cento), Napoli con 55.904 (21,7 per cento), Torino con 44.051 (22,4 per cento) e Bari con 27.975 (28,9 per cento).