Poche donne al lavoro. E pure sottopagate. Un gap atavico del mercato del lavoro italiano, che resiste nonostante la crescente attenzione al tema della parità di genere. Secondo l’Inps, le retribuzioni medie settimanali lorde degli uomini nel 2023 sono state di 643 euro, superiori del 28,34% rispetto ai 501 euro percepiti dalle donne. Ma non è solo una questione di genere. Dal Rendiconto sociale dell’istituto di previdenza emerge infatti una differenza ancor più significativa (51%) tra gli stipendi dei lavoratori comunitari (582 euro a settimana) e quelli degli extracomunitari (385 euro). Tra questi ultimi, le donne guadagnano in media 309 euro a settimana, contro i 432 euro degli uomini.
Di rilievo anche la differenza tra il settore privato e quello pubblico. Per le donne la retribuzione media giornaliera è di 77,6 euro, mentre quella degli uomini è di 104,4 euro (+34,54%). La percentuale schizza al +68,04% nell’ambito immobiliare, dove le donne hanno una media giornaliera di 75,1 euro e gli uomini di 126,2 euro. L’unico settore nel lavoro dipendente con la retribuzione più alta per le donne è quello dell’estrazione dalle cave e miniere, con 169,4 euro al giorno per le donne e 165,5 euro per gli uomini.
In ambito manifatturiero persiste la discriminazione salariale, con 91,9 euro al giorno contro 115,2. Nel mondo del commercio il divario è tra 73,1 euro e 95,7. In quello domestico le donne raggiungono appena i 52,5 euro lordi al giorno, mentre i colleghi masca si attestano sui 64,7 euro.
Lievemente diversa la situazione nel pubblico, dove il gap salariale è comunque presente ma si attesta al 27,78%, con le donne che prendono in media 110,5 euro al giorno contro i 141,2 degli uomini. I dipendenti pagati meno nel pubblico sono quelli della scuola, con 96,4 euro medi per le donne e 97,1 per gli uomini, mentre quelli pagati meglio sono nell’Università e ricerca (148,6 euro al giorno le donne, 183,3 gli uomini) e nelle amministrazioni centrali, magistratura e autorità indipendenti, con 149 euro al giorno per le donne e 159,4 per gli uomini.
Sottopagare le donne è all’origine della scarsa presenza femminile nel mercato del lavoro italiano. Secondo l’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio, il tasso è ancora lontano dai livelli europei (nel 2023 è stato del 49,3%, contro il 61,8% della media Ue) e per di più la forbice si allarga nel tempo (dall’11,6% del 2018 al 12,5% del 2023). Questo rappresenta uno dei principali problemi per la crescita di lungo termine del nostro Paese: se l’Italia avesse un tasso di partecipazione femminile pari a quello europeo si avrebbero infatti quasi 2,8 milioni di occupate in più (di cui il 68% al Sud). Confcommercio sottolinea inoltre che all’aumentare della partecipazione femminile al mercato del lavoro corrisponde un incremento del tasso di fertilità, cosa che contribuirebbe a migliorare il bilancio demografico e favorirebbe la crescita economica.