Lunedì 30 Dicembre 2024
GIULIA BERGAMI
Economia

Acqua potabile dal mare: il ruolo dei dissalatori in Italia

Quanti sono, dove sono e come funzionano gli impianti che ricavano acqua per usi civili dal mare. Una risorsa impiortante visti i cambiamenti climatici e la siccità

Roma, 18 settembre 2024 – In un territorio, quale quello italiano, dove gli eventi climatici estremi sempre più spesso dividono in due la penisola, tra zone in cui le alluvioni devastano campi e abitazioni e altre in cui la scarsità di piogge porta anche al razionamento dell’acqua, che ruolo possono avere le tecnologie in grado di sfruttare la risorsa che circonda trequarti dello stivale: il mare?

"Emergenza idrica, puntiamo ai dissalatori"
Un impianto dissalatore

Con circa 8300 km di costa, l’Italia non manca certo di accesso al mare, eppure, come riporta Fondazione Utilitatis nel report “Scenari climatici e adattamento – Il ruolo delle Utilities nella siccità” presentato a ottobre 2023, le acque marine o salmastre rappresentano solo lo 0,1 % delle fonti di approvvigionamento idrico della penisola, contro il 3% della Grecia e il 7% della Spagna.

Come ottenere acqua potabile dal mare?

La dissalazione è una tecnologia chiave per la potabilizzazione dell’acqua, particolarmente utile nei contesti dove l’acqua dolce scarseggia, come ad esempio nelle isole minori. Gli impianti di dissalazione, disponibili in diverse tipologie, rendono utilizzabile l’acqua di mare sia per i bisogni idrici delle singole persone, sia a livello agricolo e produttivo. A seconda del processo impiegato, gli impianti possono essere suddivisi in due macrocategorie: quelli basati su processi termici, che sfruttano l’evaporazione e la condensazione, e quelli basati sulla filtrazione a membrana (osmosi inversa), attualmente l’approccio più diffuso a livello globale. Secondo l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), l’osmosi inversa consente di rimuovere le principali componenti ioniche presenti nell’acqua salmastra applicando pressione sulla soluzione da trattare, forzandola attraverso una membrana semipermeabile. Questo processo separa i sali e le impurità dall’acqua potabile. Tuttavia, il processo richiede molta energia, con circa il 90% dell'energia totale utilizzata principalmente per i sistemi di pompaggio, sebbene l'efficienza energetica possa variare in base alle tecnologie e alle condizioni operative.

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Un sottoprodotto della dissalazione è la salamoia, un concentrato di sali che, come riporta il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, può contenere concentrazioni di sali disciolti da 1,2 a 3 volte superiori rispetto all’acqua di origine, insieme a sostanze chimiche utilizzate nei processi di pre e post trattamento, come antincrostanti e antivegetativi. Per evitare impatti ambientali, la salamoia non può essere rilasciata direttamente nell’ambiente, ma deve essere gestita tramite tecniche specifiche.

I dissalatori in Italia e nel mondo

Secondo un comunicato dell’ENEA di febbraio 2024, esistono quasi 16.000 impianti di desalinizzazione nel mondo, che producono circa 95 milioni di metri cubi di acqua desalinizzata al giorno, sebbene queste cifre siano in costante evoluzione. In Italia, gli impianti di dissalazione si trovano prevalentemente in Sardegna, Sicilia e nelle piccole isole, dove le fonti di acqua potabile sono più scarse, la domanda durante la stagione turistica aumenta notevolmente e il rifornimento di acqua potabile tramite trasporto via mare risulta molto costoso.  La regione Sicilia, in particolare, è stata al centro di una nuova strategia di interventi contro la siccità, con un investimento previsto di 90 milioni di euro per la riattivazione dei tre dissalatori di Trapani, Gela e Porto Empedocle (Agrigento). Inoltre, secondo quanto riportato da ilPost, in Sicilia dovrebbero essere installati nuovi dissalatori nelle isole di Stromboli, Panarea, Alicudi e Filicudi.