Nuovo scossone nell’azionariato di Mps, dove continua a conquistare spazio il nucleo di azionisti italiani creato dal Mef in occasione del collocamento del 15% del Monte lo scorso novembre. Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio, ha incrementato la sua partecipazione dal 3,5% al 9,78% del capitale, diventando il secondo azionista dopo il Tesoro, ancora titolare di una quota dell’11,7%. In precedenza, a inizio dicembre, era stato il gruppo Caltagirone, a salire dal 3,5% a poco più del 5%.
Il blitz di Delfin, che riporta la data del 27 dicembre, è avvenuto "nell’ambito di una complessiva operazione di ‘share forward’ e ‘collar share forward’", spiega la Consob, in cui la holding potrebbe essere stata aiutata da Natixis. La banca francese ha fatto una fulminea apparizione nel capitale di Mps il 30 dicembre, con una quota del 5,8% acquistata e liquidata lo stesso giorno, per poi ricomparire il 6 gennaio con strumenti finanziari pari al 6,4% del capitale.
Delfin non ha voluto commentare le sue mosse ma il rafforzamento appare funzionale ad avere voce in capitolo quando la banca si troverà ad assumere decisioni strategiche. Mps potrebbe infatti essere invitata a una fusione difensiva da parte da Banco Bpm, sotto scalata da parte di Unicredit, con l’obiettivo di creare quel grande terzo polo bancario auspicato dal governo. Ma potrebbe anche guardare ad Anima, qualora l’offerta di Unicredit dovesse andare in porto e la Sgr venisse ceduta a Siena nell’ambito di una spartizione che possa accontentare il governo e soddisfare Credit Agricole, che continuerebbe a distribuire i fondi della sua controllata Amundi nella rete di Unicredit.
Alberto Levi