Sabato 28 Dicembre 2024
REDAZIONE ECONOMIA

Default: che cos’è e quali sono le sue conseguenze economiche

Con il termine inglese default si fa riferimento ad una situazione in cui uno Stato non è più in grado di pagare il proprio debito, parzialmente o totalmente

Nella maggior parte dei casi si tratta di uno scenario (già sperimentato da diverse nazioni, come si vedrà di seguito) che si presenta non tanto all’improvviso, quanto piuttosto a seguito di una lunga e complessa fase di difficoltà economiche di varia natura che si sono protratte nel corso del tempo.  

Crediti iStock - Cos'è il default di un Paese
Crediti iStock - Cos'è il default di un Paese

Il termine, che in inglese può essere tradotto come insolvenza (ma anche fallimento) può in realtà fare riferimento sia ad un evento privato (che può accadere dunque a livello aziendale) ma anche e soprattutto ad un’evenienza a livello nazionale.

Quali sono le cause di default per un Paese

Nella maggior parte dei casi non esiste soltanto un fattore scatenante in grado di condurre uno Stato sovrano verso il fallimento: di norma, infatti, si giunge a questa situazione dopo una lunga instabilità economica nel corso della quale le entrate statali (solitamente le tasse dei cittadini) non sono state in grado di coprire interamente le spese pubbliche, comprese le spese per la copertura degli interessi sul debito pubblico. Uno dei casi più celebri è certamente quello dell’Argentina, che nel 2001 registrò un debito pubblico di oltre 82 miliardi di dollari. I fattori di rischio iniziali possono dunque essere, tra gli altri, il crollo dei prezzi dei beni di prima necessità, situazioni estreme come guerre o catastrofi naturali, o l’accumulo prolungato del debito pubblico stesso. A livello finanziario, invece, sono maggiori le probabilità di default nel momento in cui si presenta un aumento eccessivo dei tassi di interesse, o se in breve tempo sparisce la domanda dei titoli di stato di un Paese.

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Come si arriva al fallimento e quali sono le conseguenze per i cittadini

Non rispettando le scadenze di pagamento del debito pubblico e senza entrate finanziarie in grado di ripagare le uscite (compresi gli interessi sul debito pubblico) uno Stato andrà automaticamente in default. In una situazione simile si andrà a creare ulteriore deficit, fintanto che lo Stato non sarà in grado di ripagare i suoi debiti nei modi e nei tempi previsti, riportando così tutto alla normalità. Ad onor del vero, i parametri per definire tecnicamente il default per un Paese sono diversi. Generalmente si pensa che sia sufficiente che il rapporto fra debito pubblico e PIL superi il 200%, ma la realtà è più complessa di così. Anche quando il rapporto fra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi (il cosiddetto “spread”) toccò quota 700, affinché il nostro Paese finisse in default sarebbero state necessarie condizioni economiche ancor più complesse. A fronte della “minaccia fallimento”, qualunque sia la sua origine, un comune cittadino sarà naturalmente portato a farsi una serie di domande, comprensibilmente inquietato che tale rischio finanziario possa in qualche modo andare ad intaccare la sua stabilità economica. Che tipo di effetto ha, in parole povere, l’insolvenza di un Paese sulle tasche del cittadino? La risposta a questi domanda è da ritrovarsi nelle due soluzioni possibili che uno Stato ha di fronte ad una grave crisi simile: da un lato può aumentare le tasse (per incrementare le entrate), dall’altro può diminuire le spese. Se il primo concetto è piuttosto intuitivo, per il secondo è necessario immaginare un Paese che inizia ad investire meno in sanità, istruzione, formazione e sicurezza: di certo, non il più allettante degli scenari possibili.