Roma, 9 aprile 2019 - Graduale estensione della flat tax a due aliquote (15 e 20%) a partire dai redditi più bassi. E' quanto prevede il Piano nazionale delle riforme allegato al Def (il Documento di economia e finanza) approvato questa sera in Consiglio dei ministri. L'allargamento nei prossimi tre anni della platea beneficiaria dell'Irpef a due scaglioni è pensato di pari passo a una riforma delle "deduzioni e detrazioni che preservi la progressività del prelievo". Salvini annuncia che il provvedimento riguarderà "ceto medio e famiglie che hanno bisogno con figli" fino a una soglia massima di 50mila euro.
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Il governo non intenderebbe invece toccare Imu e le altre tasse sugli immobili, "già oggetto di numerosi cambiamenti legislativi negli ultimi anni". E per incentivare gli investimenti, "le imprese potranno beneficiare di una riduzione dell`aliquota Ires applicabile agli utili non distribuiti". Il taglio delle aliquote d`imposta, prosegue il testo, "favorirà la crescita dell'economia e, quindi, del gettito fiscale". Da tenere in conto però che la complessiva riduzione della pressione fiscale sarà finanziata nella prossima manovra da un "paziente lavoro di revisione della spesa corrente" e anche "delle agevolazioni fiscali".
PIL, CRESCITA RIVISTA AL RIBASSO - La bozza del Def rivede la crescita media del Pil in termini reali per il 2019 allo 0,1% (nel precedente documento era all'1%). La crescita tendenziale aumenterà nel 2020 (0,6%), 2021 (0,7%) e nel 2022 (0,9%). Il programmatico invece sarebbe dello 0,2% nel 2019, per poi salire allo 0,7% nel 2020, 2021 e 2022.
SALE SPREAD, DEBITO SU - Quest'anno - prevede il Documento - il debito pubblico salirà al 132,7% del Pil in rialzo dal 132,2% del 2018 a causa della "bassa crescita nominale" e "rendimenti reali relativamente elevati", che trovano un corrispettivo dell'aumento dello spread, mentre calerà nel 2020 al 131,7% e "via via fino al 129,8 per cento nel 2022".
DEFICIT PIL AL 2,4% - Sempre secondo il PNR, il rapporto deficit/Pil nel 2019 salirà dal 2% previsto nelle ultime stime del governo al 2,4% per poi scendere al 2,1% nel 2020 e all'1,8% nel 2021, entrambi i target comunque più alti di quelli fissati a dicembre (1,8% e 1,5%). Il deficit strutturale invece partirebbe da -1,6 nel 2019 (da -1,3) per poi arrivare a -0,8% nel 2022 "in linea con una graduale convergenza verso il pareggio strutturale".
CLAUSOLE IVA - Per il prossimo triennio viene confermata "la legislazione vigente in materia fiscale nell'attesa di definire nel corso dei prossimi mesi, in preparazione della Nota di aggiornamento del Def, misure alternative e un programma di revisione della spesa pubblica". Resta previsto dunque l'"aumento delle aliquote IVA a gennaio 2020 e a gennaio 2021, nonché un lieve rialzo delle accise sui carburanti a gennaio 2020".
SANATORIA ANCHE PER LE IMPRESE - Il governo studia poi la possibilità di estendere il saldo e stralcio delle cartelle (cioè la sanatoria che taglia non solo sanzioni e interessi ma anche l'entità dei debiti) anche per le imprese. Quando si elencano i vari provvedimenti di rottamazione e chiusura delle liti pendenti si precisa anche che "nel 2019 si valuta la possibilità di introdurre misure simili anche per le posizioni debitorie delle imprese".
TENSIONE SULL'IVA - Il rincaro dell'imposta sui consumi va quindi disinnescato, e sarebbe questo uno dei nodi affrontati durante il cdm. Fonti della maggioranza assicurano, tuttavia, che i problemi saranno risolti. Sull'aumento dell'Iva il vicepremier Luigi Di Maio, a quanto si apprende, sarebbe stato categorico: l'ipotesi che salga "non esiste". Sulla stessa linea Matteo Salvini che, esprimendo un "giudizio positivo" sul Def chiarisce che "non ci sarà nessun aumento Iva". Posizioni nette che avrebbero generato tensioni con Tria. Secondo il ministro dell'Economia, infatti, la flat tax non sarebbe sostenibile con lo stop al rincarco della tassa sui consumi.
Più facile che vengano confermati i tagli alla spesa. A fronte delle tendenze sui conti pubblici ed in particolare della revisione al rialzo della stima sul deficit per l'anno in corso, si legge ancora nella bozza, "il Governo intende attuare la clausola contenuta nella Legge di Bilancio 2019, in base alla quale due miliardi di euro di spesa delle Amministrazioni centrali resteranno congelati nella seconda metà dell'anno".
FLAT TAX, IL PIANO 'SPUNTATO' - Il concetto chiave della riforma fiscale è la 'flat tax': ossia "la graduale introduzione di aliquote d'imposta fisse - si legge nella bozza che entra in cdm - con un sistema di deduzioni e detrazioni che preservi la progressività del prelievo. La prima fase della riforma fiscale è già stata attuata. La Legge di Bilancio 2019, che ha innalzato a 65.000 euro il limite di reddito per il cosiddetto 'regime dei minimi' soggetto ad aliquota del 15 per cento. Con lo stesso provvedimento è stato introdotto un regime sostitutivo di Irpef e Irap, con aliquota del 20 per cento, per le persone fisiche esercenti attività d'impresa o lavoro autonomo e con redditi fra i 65.000 e i 100.000 euro. La Legge di Bilancio ha anche introdotto sgravi d'imposta sui redditi d'impresa per le aziende che incrementano occupazione e investimenti".
Ma nel documento che esce dal consiglio dei ministri ecco il mini-colpo di scena: sparisce l'indicazione delle due aliquote, resta solo un riferimento alla misura.
Per i prossimi anni "il sentiero di riforma prevede la graduale estensione del regime d'imposta sulle persone fisiche a due aliquote del 15 e 20 per cento, a partire dai redditi più bassi (e fino a una soglia massima di 50mila euro, come spiega oggi Salvini: "Ragioniamo su quel tetto"), al contempo riformando le deduzioni e detrazioni. Per incentivare gli investimenti, le imprese potranno beneficiare di una riduzione dell'aliquota applicabile agli utili non distribuiti". Le coperture alla flat tax arriveranno da un "riordino" delle tax expenditures, ovvero le agevolazioni fiscali che saranno ridotte "salvaguardando quelle destinate al sostegno della famiglia e delle persone con disabilità".
PUBBLICA AMMINISRAZIONE - Il Piano nazionale delle riforme prevede anche un'ipotesi di turnover al 35% a fronte delle uscite aggiuntive con quota 100 nella pubblica amministrazione. È quanto si legge nella bozza del Pnr che accompagna il Def, in cui si ricorda che per quest'anno i pensionamenti aggiuntivi sono calcolati in circa 100mila ma le assunzioni potranno avvenire a partire dal quarto trimestre, visto il blocco delle assunzioni fino a metà novembre stabilito con la manovra. Nei due anni successivi, il numero previsto di fuoriuscite di dipendenti pubblici sarà di poco superiore a 110 mila unità e il turn over vicino al 100%.